Nel precedente approfondimento “Criteri di valutazione della quota di uno studio associato in ipotesi di recesso” si è accennato all’equiparazione, esplicita in ambito tributario, della normativa delle associazioni professionali alla normativa delle società semplici e all’assenza di un metodo legale e univoco di valutazione delle partecipazioni societarie.
Si è inoltre approfondita la metodologia in uso nella prassi professionale per determinare il valore della quota del professionista che recede da uno studio associato, facendo riferimento anche ai principi contenuti nel Documento della Fondazione Nazionale Commercialisti del 15 novembre 2015, in materia di recesso nelle società di persone.
Obiettivo del presente approfondimento è quello di esaminare alcune problematiche riscontrate nell’ambito del delicato tema del recesso in un’associazione professionale, con riferimento particolare agli aspetti operativi legati alla determinazione del valore della quota del professionista che recede.
Le tematiche più rilevanti, ad oggi, riguardano il compenso figurativo dei soci, l’eventuale rettifica dell’avviamento del socio che recede, la determinazione di eventuali sconti di minoranza o premi di maggioranza e gli utili (o perdite) sulle operazioni in corso.
Compenso Figurativo dei Soci
Nel contesto di uno studio professionale il professionista, in genere, assorbe sia l’attività manageriale che l’attività operativa, quindi è necessario verificare che la componente remunerativa per l’attività operativa sia ricompresa nella riclassificazione del conto economico al fine di pervenire ad un reale livello di reddito sostenibile.
Ai fini della stima del compenso figurativo può essere utile fare riferimento alle condizioni del mercato professionale del lavoro, da confrontarsi con i dati interni allo studio, in quanto ciascuna attività professionale ha libertà di organizzazione.
Tale confronto può avvenire sulla base dei compensi percepiti dagli associati nell’ultimo anno precedente l’attribuzione della qualifica di associato che sulla base dei compensi corrisposti ai collaboratori non associati.
È necessario verificare, inoltre, che il suddetto costo figurativo risulti sostenibile e residui un reddito che remuneri il capitale investito nello studio. Qualora ciò non avvenga, sarebbe preferibile analizzare le ragioni per cui lo studio distrugge valore invece di crearlo.
Avviamento del Socio
In relazione alla rettifica dell’avviamento del socio che recede, non ci sono particolari norme che definiscono un modello univoco, ma è possibile costruire un percorso ragionato sulla base dei principi contenuti nella Risoluzione AE 64/2008 combinati con i criteri applicativi in materia di recesso suggeriti dai PIV.
Con la Risoluzione n. 64/E del 25/02/2008 l’Agenzia delle Entrate afferma che
la differenza da recesso origina da plusvalenze latenti del complesso aziendale, che rimangono insite nel patrimonio sociale anche dopo il recesso del socio.
Secondo il PIV IV.6.3 “la stima deve essere in grado di lasciare ai soci superstiti tutti i benefici futuri che l’operazione che ha legittimato il recesso dovrebbe generare.”
Sembra logico, dunque, affermare che tali plusvalenze non resteranno insite nel patrimonio dello studio associato qualora i clienti del socio uscente, a seguito del recesso, saranno assistiti personalmente dallo stesso e non dallo studio associato.
In tale ipotesi, infatti, l’avviamento correlato ai clienti del socio che recede non sarà realizzato nel futuro dallo studio associato ma dal socio uscente.
In ogni caso, l’avviamento in capo all’uscente deve essere calcolato con lo stesso procedimento utilizzato per il calcolo dell’avviamento totale, anche in considerazione di eventuali disposizioni contenute nello statuto.
Sconto di Minoranza e Premio di Maggioranza
Nelle ipotesi di recesso, secondo i Principi Italiani di Valutazione e per costante giurisprudenza (es. Tribunale di Roma, sentenza n. 8457 del 20 Aprile 2015 e Tribunale di Padova, decreto fallimentare n. 980 del 22 maggio 2014) non sono applicabili né sconti di minoranza né premi di maggioranza in quanto l’unità di valutazione di riferimento è rappresentata dall’azienda nel suo complesso con successivo calcolo pro-quota.
Tali correttivi invece sono applicati quando si deve determinare il valore di una partecipazione in una società di capitali.
Utili (Perdite) su Operazioni in Corso
Esiste una difficoltà oggettiva di determinazione analitica degli utili (perdite) delle operazioni in corso, pertanto, in assenza di specifiche disposizioni statutarie, una possibile soluzione potrebbe essere quella di utilizzare la media storica del rapporto utile ante imposte/fatturato e applicare tale risultato ai fatturati attesi per quelle operazioni.