Motivazioni e ostacoli nelle operazioni di cessione e aggregazione di attività professionali

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Si è tenuto il 24 novembre u.s. un interessante webinar organizzato da MpO & Partners dal titolo “Motivazioni e ostacoli nelle operazioni di cessione e aggregazione di attività professionali” che ha avuto quali relatori Goffredo Giordano (Dottore Commercialista) e Monica Bormetti (psicologa del lavoro).

Nel corso dell’evento si sono analizzate alcune dinamiche professionali e personali che si innescano nelle operazioni M&A tra professionisti.

 

Cosa intendiamo per operazioni di cessione e aggregazione di studi professionali?

Si tratta di operazioni di aggregazione e cessione di attività per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione ad un albo o a un collegio.

Nella prima parte del webinar si è affrontato non solo il tema relativo alla prassi in Italia delle operazioni M&A di studi professionali ma anche delle motivazioni e dei dubbi che sorgono ai professionisti che vogliono approcciarsi a tali operazioni.

 

Che differenza c’è tra M&A aziendale e professionale?

Solitamente nelle operazioni M&A aziendale si sottoscrive un contratto preliminare subordinato alla realizzazione di una due diligence a seguito della quale si stipula l’atto di cessione e si paga il prezzo. A questo punto le parti vanno per la propria strada.

Questo “modus operandi” sarebbe praticamente impossibile nelle operazioni di studi professionali in quanto, una volta valutato il target, le parti iniziano un percorso assieme finalizzato alla canalizzazione della clientela, terminato il quale si dovrà andare a verificare quale parte della clientela abbia aderito a questo progetto e quindi determinare, alla fine del percorso, il valore effettivo della clientela trasferita.

E’ chiaro, pertanto, che per trasferire attività professionali dovrà esserci un’attività di canalizzazione  e quindi queste operazioni non potranno che esplicare i propri effetti in un arco di tempo. Questo è il concetto su cui si basano queste operazioni e l’elemento che le differenzia dalle operazioni M&A tradizionali.

Tecnicamente queste sono operazioni che possono essere definite a formazione progressiva ed esplicano i loro effetti non in un momento T0 ma in un arco di tempo.

Tutta la struttura dell’operazione è figlia di questo concetto.

Pertanto, anche la struttura finanziaria dell’operazione non potrà prevedere, a differenza delle operazioni M&A aziendali, il pagamento in un’unica soluzione ma un pagamento dilazionato legato all’effettivo trasferimento della clientela.

 

Continuità e riservatezza: due fattori di successo

Un altro elemento, emerso dalla gestione di casi pratici, è la necessità di organizzare queste operazioni in un’ottica di continuità, evitando pertanto, sino alla fidelizzazione della clientela da parte del professionista acquirente, fattori traumatici di cambiamento che possano compromettere il buon esito dell’operazione.

Primo elemento di continuità è dato dalla permanenza del professionista cedente finalizzata alla canalizzazione del rapporto fiduciario. Ma da solo non basta.

Dare continuità vuol dire anche mantenere, nel limite del ragionevole, i rapporti di lavoro esistenti con collaboratori e dipendenti e, in alcuni casi e specie nelle grandi città, mantenere la sede dove viene svolta l’attività.

È importante che il cliente continui a dialogare con il professionista che è sempre stato suo riferimento, con i dipendenti che lo hanno quotidianamente assistito nella gestione operativa della propria attività e che continui a recarsi presso la sede dove era abituato ad andare. L’insieme di questi fattori determina la buona riuscita dell’operazione.

Un altro elemento molto importante è la gestione della riservatezza.

Infatti, così come è determinante che, prima della chiusura dell’operazione, nessun soggetto (sia clienti che collaboratori e dipendenti) abbia notizia di quanto sta accadendo è di fondamentale importanza, una volta conclusa l’operazione, comunicare correttamente a tutti i soggetti coinvolti i termini dell’operazione. In linea di massima vale il principio per cui si deve trasmettere un’idea di continuità e non di frattura.

 

Quali sono le motivazioni che spingono i professionisti ad aggregarsi/cedere?

Il fattore economico è l’unica motivazione?

Di sicuro è un elemento importante in questo tipo di operazioni ma da solo non basta.

Infatti, un’altra motivazione, non secondaria a quella economica, è la necessità di dare una risposta alle esigenze di natura esistenziale-professionale che in ciascuno di noi inevitabilmente emergono in determinati periodi della sua carriera professionale. A 30 anni, a 50 anni e a 65 anni la vita e la professione si presentano con luci e scenari diversi, ma tutte le età dovrebbero essere caratterizzate dal desiderio e dall’esigenza di ricercare soluzioni che migliorino la qualità della nostra vita, sia lavorativa sia più strettamente personale.

Pertanto, il motore vero che spinge all’aggregazione non è quello economico, ma quello legato al desiderio di migliorare la qualità della propria vita professionale e quindi anche personale

Infatti, in questo scenario c’è il professionista prossimo alla pensione (o che ha già maturato il diritto alla pensione) che non ha avuto la possibilità di pianificare il passaggio generazionale (internamente allo studio, familiare o meno che sia) il quale ha la necessità di pianificare nel medio termine l’uscita dall’attività professionale . Il suo desiderio non è solo quello di percepire una sorta di TFR di fine carriera ma anche di svolgere un’attività gratificante (e non full time), smarcarsi da attività gestionale e garantire continuità ai dipendenti e collaboratori.

Lo scopo di questo professionista è, in definitiva, quello di pianificare un’uscita graduale dalla professione, con i tempi giusti che consentano sia di metabolizzare la scelta sia di organizzare la sua vita futura, coltivando così interessi ed hobby personali.

Un’altra tipologia è il professionista a metà carriera che vuol cogliere l’opportunità di partecipare ad un progetto di più ampio respiro.

Anche in questo caso l’obiettivo di tali professionisti non è solo quello di incassare il corrispettivo per la cessione della clientela ma è anche quello  di tornare a fare il consulente puro nei confronti di una platea più vasta di clienti ed avere l’opportunità di confrontarsi con decine o centinaia di colleghi.

Non da ultimo, garantire la continuità a dipendenti e collaboratori e smarcarsi dall’attività gestionale dello studio.

 

Quali sono gli effetti delle aggregazioni tra professionisti?

Il primo è sicuramente quello di migliorare la qualità del servizio offerto in quanto il professionista cedente ha maggior tempo e può dedicarsi ad una particolare area e specializzarsi, così da poter rispondere ai sempre più complessi problemi delle aziende sue clienti. Ma non solo.

Sfruttando la multiprofessionalità offerta dai diversi professionisti aggregati si incrementa anche la quantità dei servizi offerti ai clienti.

Inoltre, da un punto di vista personale, l’aggregazione costituisce il mezzo per monetizzare il valore dello Studio oltre che per avere maggior tempo libero, migliorare la qualità delle prestazioni professionali e creare nuove prospettive di carriera all’interno dell’aggregatore.

 

Quali sono le tipiche paure che frenano i professionisti nell’approcciarsi alle operazioni M&A?

Nel corso dell’evento si è cercato di dare una risposta alle perplessità che normalmente attanagliano i professionisti nell’approcciarsi alle operazioni di aggregazione e cessione dell’attività professionale quali, ad esempio:

  1. Quale sarà il mio futuro dopo la cessione?
  2. Dovrò continuare ad occuparmi delle attività “organizzative” dello studio?
  3. Ho scelto il professionista giusto per la continuità dell’intera struttura (Dipendenti, collaboratori e servizi alla clientela)?
  4. Sarò trattato da «dipendente» e non valorizzato?
  5. Dopo la cessione diventerò “schiavo” della struttura o la qualità della mia vita migliorerà?

 

Gli ostacoli mentali nelle aggregazioni

Nella seconda parte del webinar è intervenuta la psicologa Monica Bormetti che ha chiarito quali sono (e come possono essere superati) gli ostacoli mentali nelle aggregazioni e dei quattro principali “bias” cognitivi nella valutazione di un’aggregazione professionale.

 

Quali sono i quattro BIAS e come funziona la mente umana?

Il primo è il c.d. “Effetto IKEA”, ovvero mi affeziono di più a ciò che costruisco io rispetto a ciò che prendo già fatto. Il secondo BIAS è quello della “negatività”. In questo caso la memoria si focalizza sugli eventi negativi dimenticandosi di tutti quelli positivi. Il terzo è l’”evitamento alla perdita”. Tendiamo a non voler perdere ciò che in qualche modo abbiamo acquisito.  Il quarto, ed ultimo, è il c.d. “Effetto Alone”: Giudicare una persona/circostanza a partire da un primo, anche marginale, elemento rilevato.

La dottoressa Bormetti, nel corso della sua relazione, ha evidenziato che “un processo di aggregazione richiede del cambiamento e quindi porta con sé potenziale fatica”. Purtroppo, il professionista italiano, animale storicamente solitario, non possiede la cultura dell’aggregazione e, inoltre, non trova nel sistema gli strumenti che lo incentivino a farlo (ma questo è stato già oggetto di nostri precedenti interventi). Pertanto, il processo di aggregazione professionale va agevolato ed insegnato anche attraverso il supporto di una consulenza psicologica ai fini dell’ottimale closing dell’operazione per favorire la risoluzione di tutti i dubbi e perplessità precedentemente evidenziati.