Lavoratore autonomo e STP: le diverse modalità di determinazione del reddito a confronto

Come è già ampiamente noto ai fini della qualificazione dei redditi prodotti dalle Società Tra Professionisti occorre fare riferimento alla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 35/2018.

Nonostante tale intervento dell’Amministrazione Finanziaria riguardi, nello specifico, la qualificazione dei redditi prodotti dalle Società tra Avvocati, di sicuro vengono enunciati alcuni principi di carattere generale.

Si ricorda che, in base alla L.183/2011 e al DM 34/2013, la STP può essere costituita nella forma di:

· società di persone;

· società di capitali;

· società cooperative (in tal caso con un numero di soci non inferiore a 3).

Già nel 2013 il CNDCEC (Cfr. Circolare n. 34/IR/2013) aveva evidenziato la specificità dell’oggetto sociale e il contenuto prettamente intellettuale dell’attività svolta dalla STP sperando (invano) in un intervento dell’Amministrazione Finanziaria volto a qualificare i redditi prodotti da tali organismi nell’ambito di quelli di natura professionale.

Infatti, in questo contesto, l’organizzazione dell’attività assume un ruolo del tutto accessorio e di mero supporto all’attività del professionista.

L’Agenzia delle Entrate, invece, ha osservato che, ai fini della qualificazione dei redditi delle STP, non assume alcuna rilevanza l’esercizio dell’attività professionale, posto che tali società non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche regolate dal codice civile e, come tali, sono soggette integralmente alla disciplina legale del modello societario prescelto.

Qual è la conseguenza di tale orientamento?

Il reddito prodotto dalle s.n.c., s.a.s. e delle società commerciali di cui alle lett. a) e b) dell’articolo 73 comma 1 del TUIR è considerato reddito d’impresa da qualsiasi fonte provenga.

Pertanto, occorre applicare il principio di competenza in luogo di quello di cassa (tipico delle attività professionali).

E’ il caso di precisare che dottrina e giurisprudenza sono perfettamente concordi che l’attività professionale è profondamente diversa dall’attività imprenditoriale in quanto la prima si fonda sulla prestazione d’opera intellettuale, sulla consulenza svolta dal professionista “c.d. intuitu personae”. A differenza dell’impresa, l’organizzazione dello studio è considerata accessoria e di mero aiuto alla prestazione professionale

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Ma quali sono le principali differenze derivanti dalla determinazione del reddito di impresa per le STP rispetto alla determinazione del reddito di lavoro autonomo?

Analizziamone alcune!

 

La valorizzazione dei servizi in corso alla data di chiusura dell’esercizio sociale

Questo, di sicuro, è uno degli aspetti più complessi derivanti dalla determinazione del reddito con il criterio di competenza rispetto a quello di cassa.

A tale fine occorre ricordare che:

· ai sensi dell’articolo 92, comma 6, del Tuir i servizi per i quali le parti hanno pattuito per contratto una durata non superiore ai 12 mesi questi sono valutati applicando alla parte non ancora ultimata il criterio basato sulla spesa sostenuta nell’esercizio;

· per quanto concerne i servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale sono valutati sulla base dei corrispettivi pattuiti. Alla fine di ogni esercizio, la STP dovrà, quindi, calcolare con riferimento alla parte del servizio già prestato la quota maturata del corrispettivo pattuito (ai sensi dell’articolo 93 del T.U.I.R.).

Quindi, occorre utilizzare un sistema di contabilità per commesse?

La risposta, purtroppo, è affermativa.

Senza un sistema di contabilità per commesse, basato sulla rilevazione dei tempi di lavorazione da parte di tutti i componenti della STP (professionisti, collaboratori, dipendenti), risulta quasi sempre impossibile effettuare tali valorizzazioni.

Ma analizziamo, ora, altre differenze

 

Oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione

Reddito di lavoro autonomo

Per quanto concerne tali fattispecie di spese occorre fare riferimento all’articolo 54, comma 5, del Tuir il quale prevede che il costo di acquisto o d’importazione di oggetti d’arte di antiquariato o da collezione esse devono essere ricondotto fra le spese di rappresentanza.

E’ il caso di precisare che solo nell’ambito del reddito di lavoro autonomo troviamo una disciplina specifica per l’acquisto e la cessione di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione.

La deducibilità dei costi è consentita nei limiti dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta, unitamente alle altre spese di rappresentanza quali ad esempio quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente (omaggi). Lo stesso trattamento fiscale è previsto anche per gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione che siano utilizzati come beni strumentali per l’esercizio dell’attività. La cessione di questi beni non determina, tuttavia, l’emersione di plusvalenze o minusvalenze rilevanti fiscalmente.

Reddito d’impresa

Nell’ambito del reddito d’impresa, a differenza del reddito di lavoro autonomo, le spese per l’acquisto di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione non sono oggetto di una disciplina specifica ed è necessario quindi ricorrere ai principi generali per stabilire le modalità con cui poter dedurre le stesse.

Infine, la cessione (o la destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’attività) degli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione strumentali o meramente patrimoniali genererà plusvalenze o minusvalenze sempre rilevanti ai fini della determinazione del reddito d’impresa.

 

Spese di rappresentanza

Reddito di lavoro autonomo

Per quanto concerne le spese di rappresentanza la normativa vigente fissa un tetto di deducibilità pari all’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.

Inoltre, l’Agenzia delle entrate, con la circolare 13 luglio 2009, n. 34/E, ha chiarito che le disposizioni relative alla qualificazione delle spese di rappresentanza previste in sede di determinazione del reddito di impresa rilevano anche ai fine del reddito di lavoro autonomo.

Reddito d’impresa

A differenza della determinazione del reddito di lavoro autonomo ai fini della determinazione del reddito di impresa è previsto un differente limite alla deducibilità di tali spese.

Infatti, l’articolo 108, comma 2, del Tuir stabilisce che “Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo di imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse. Le spese del periodo precedente sono commisurate all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo in misura pari:

a) all’1,5 per cento dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni;

b) allo 0,6 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni;

c) allo 0,4 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50 milioni. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50.”

 

In ogni caso, le spese di rappresentanza sono deducibili soltanto se rispondenti ai requisiti di inerenza stabiliti con il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2008 (pubblicato in G.U. n. 11 del 15 gennaio 2009).

 

Compensi ai familiari

Redditi di lavoro autonomo

Così come previsto dall’articolo 54, comma 6-bis del T.U.I.R. “Non sono ammesse deduzioni per i compensi al coniuge, ai figli, affidati o affiliati, minori di età o permanentemente inabili al lavoro, nonché agli ascendenti dell’artista o professionista ovvero dei soci o associati per il lavoro prestato o l’opera svolta nei confronti dell’artista o professionista ovvero della società o associazione. I compensi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti.”

Ne consegue l’indeducibilità dei compensi al coniuge, ai figli, affidati o affiliati, minori di età o permanentemente inabili al lavoro, nonché agli ascendenti del professionista, dei soci o associati, per il lavoro prestato o l’opera svolta nei confronti del professionista, della società o associazione

 

Reddito d’impresa

In sede di determinazione del reddito di impresa non esiste disposizione analoga alla determinazione del reddito dei professionisti.

Ne consegue la possibilità per la STP di dedurre i compensi in commento nel rispetto, ovviamente, del requisito di inerenza all’attività esercitata.

 

Spese per corsi di formazione o di aggiornamento professionale, master, convegni e congressi

Redditi di lavoro autonomo

Per tale tipologia di spese la disciplina dei redditi di lavoro autonomo prevede che le spese per l’iscrizione a master, convegni e congressi, nonché a corsi di formazione o di aggiornamento professionale, comprese quelle di viaggio e soggiorno, sono integralmente deducibili entro il limite annuo di diecimila euro (ai sensi dell’articolo 54, comma 5, Tuir).

Reddito d’impresa

In sede di determinazione del reddito d’impresa non sono invece previste limitazioni specifiche alla deducibilità di tali costi.

Pertanto, in presenza di spese eccedenti il predetto limite di diecimila euro, la STP potrà dedurre anche l’importo eccedente tali spese.

 

Regime degli immobili strumentali e spese di natura incrementativa su beni di terzi

Ammortamenti

Si evidenzia che le quote di ammortamento relative agli immobili strumentali sono deducibili ai fini della determinazione del reddito delle STP a differenza di quanto accade nel reddito di lavoro autonomo.

 

Canoni di Lesaing

Per quanto concerne, invece, il trattamento fiscale dei canoni di leasing il regime è del tutto identico in quanto sia per il reddito di impresa (STP) sia per il reddito di lavoro autonomo gli stessi sono deducibili in un periodo non inferiore a dodici anni, a prescindere dalla durata effettiva del contratto.

 

 

Costi di natura incrementativa

Redditi di lavoro autonomo

Nell’ambito dei redditi di lavoro autonomo, tali spese sono invece deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili risultante all’inizio del medesimo periodo; mentre l’eventuale eccedenza è deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi (cfr. art. 54, comma 2, ultimo periodo, Tuir).

Reddito d’impresa

Con riferimento ai costi di natura incrementativa (quali ad esempio le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione e non imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono) sono deducibili in base al processo di ammortamento proprio del cespite in relazione al quale le stesse sono state sostenute.

 

E’ il caso di precisare che analoga differenza sussiste per le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di natura incrementativa sostenute su immobili strumentali di terzi, detenuti in locazione o comodato. Infatti, in sede di determinazione del reddito di impresa della STP risulta applicabile l’art. 108, comma 1, del Tuir che prevede la deducibilità delle spese relative a più esercizi nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio. La norma rinvia dunque alle diposizioni civilistiche, per cui bisogna fare rifermento al principio contabile OIC 24, secondo cui tali spese devono essere ammortizzate sulla base della loro utilità futura o della durata residua del diritto di utilizzazione dell’immobile, se inferiore. Nel caso le migliorie incrementative siano separabili dai beni alle quali le stesse si riferiscono, dovranno essere classificate nelle immobilizzazioni materiali, nella specifica categoria alla quale appartengono e seguiranno il processo di ammortamento proprio del cespite.

Nell’ambito dei redditi di lavoro autonomo, l’Agenzia delle entrate, nella risoluzione 8 aprile 2009, n. 99/E, ha ritenuto che le spese di natura incrementativa su immobili strumentali di terzi sono deducibili in base ai medesimi criteri di imputazione temporale dettati dall’art. 54, comma 2, del Tuir per le spese non aventi tale natura, “non essendo rinvenibile nell’ambito della disciplina del reddito di lavoro autonomo un altro criterio d’imputazione per le spese di natura pluriennale”. Dal che, le stesse, analogamente a quelle relative agli immobili in proprietà acquistati dal 1° gennaio 2010 in poi, sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili risultante all’inizio del medesimo periodo; mentre l’eventuale eccedenza è deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi.

 

Spese relative a autovetture, autocaravan, ciclomotori e motocicli

In riferimento a tali spese vige la medesima disciplina ai fini della determinazione sia del reddito di impresa sia del reddito di lavoro autonomo.

L’art. 164 del Tuir prevede, infatti, per entrambe le categorie di reddito i medesimi “limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni”.

Per le autovetture, autocaravan, ciclomotori e motocicli le spese e gli altri componenti negativi relativi agli stessi risultano quindi deducibili nella misura del 20%, fermi restando i limiti di rilevanza fiscale del costo di acquisto dei medesimi (18.075,99 euro, per autovetture e autocaravan; 4.131,66 euro, per i motocicli; 2.065,83, per i ciclomotori).

 

Interessi passivi

Sebbene gli interessi passivi siano una componente di costo generalmente non molto rilevante nell’ambito della attività professionali, è bene ricordare che alla STP soggetta ad IRES si applicano i limiti di deducibilità previsti dall’art. 96 del Tuir. Tale norma consente la deduzione degli interessi passivi fino all’ammontare degli eventuali interessi attivi e per l’eventuale eccedenza nel limite del 30% del ROL (risultato operativo lordo) della gestione caratteristica determinato ai sensi del citato art. 96. Limiti di deducibilità, questi ultimi, che invece non trovano applicazione nell’ambito dei redditi di lavoro autonomo.