Cessione dello studio professionale: il trattamento fiscale dei cespiti

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che lo studio professionale non sia equiparabile ad un’azienda in quanto si differenzia dalla stessa in ragione della personalità della prestazione resa dal professionista, dalla prevalenza di quest’ultimo sull’organizzazione della struttura e dall’incapacità della struttura medesima a produrre ricchezza autonomamente dalla figura del titolare.

Ne consegue che la cessione dello studio professionale non si può configurare come un trasferimento d’azienda nel suo complesso. Pertanto, non può essere applicata la medesima disciplina fiscale. Infatti, lo studio professionale è costituito da una pluralità di rapporti giuridici che devono essere trattati, da un punto di vista fiscale, con differenti discipline nel momento del trasferimento.

Ma quali sono le principali componenti dell’atto di trasferimento a titolo oneroso di uno studio professionale?

Vediamone alcuni:

1. Il trasferimento a titolo oneroso del «Pacchetto Clienti»;

2. La cessione del Marchio;

3. La cessione dei cespiti;

4. Compensi per patto di non concorrenza.

In questa sede tratteremo il trattamento fiscale della cessione dei cespiti sia ai fini delle imposte dirette sia ai fini delle imposte indirette.

Per quanto concerne il trattamento fiscale delle plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione dei cespiti da parte di un professionista occorre ricordare che tale rilevanza è stata introdotta dall’articolo 36, comma 29, del Dl n. 223/2006 (Finanziaria 2007 entrata in vigore il 4 luglio 2006).

Si evidenzia che i beni oggetto di cessione devono avere la strumentalità quale requisito fondamentale al fine della concorrenza al reddito professionale delle plusvalenze e minusvalenze da alienazione cespiti.

Inoltre, i beni per dar luogo a minus/plus valenze devono avere queste caratteristiche:

· Beni mobili acquistati dopo il 04 luglio 2006;

· Beni immobili acquistati tra il 2007 ed il 2009. Dal 2010 le cessioni dei beni immobili sono irrilevanti perché le quote di ammortamento del costo di acquisto del bene sono indeducibili.

 

La rilevanza fiscale delle plusvalenze e minusvalenze da alienazione dei cespiti

Il comma 1 bis dell’articolo 54 del T.U.I.R. disciplina le modalità di calcolo e tassazione delle plusvalenze e minusvalenze da alienazione dei beni strumentali (esclusi gli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione).

Per tutte e due le fattispecie le alienazioni di beni strumentali devono essere realizzate:

· mediante cessione a titolo oneroso;

· mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni.

La plusvalenza si realizza anche nel caso in cui i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione o a finalità estranee all’arte o professione.

Si rileva che nelle operazioni M&A di studi professionali spesso il professionista cedente trattiene per sé alcuni cespiti come ad esempio il PC portatile, l’accessorio particolare, etc.

 

Ma come si determina il valore delle plusvalenze e delle minusvalenze?

L’articolo 54 comma 1-ter del T.U.I.R specifica che “si considerano plusvalenza o minusvalenza la differenza, positiva o negativa, tra il corrispettivo o l’indennità percepiti e il costo non ammortizzato ovvero, in assenza di corrispettivo, la differenza tra il valore normale del bene e il costo non ammortizzato.”

Quindi ai fini del calcolo della plus/minusvalenza è necessario:

· confrontare il corrispettivo percepito con il costo fiscale non ammortizzato;

· confrontare il valore normale del bene con il costo fiscale non ammortizzato nel caso in cui non ci sia il corrispettivo. Per definire il valore normale si deve far riferimento all’art. 14 del DPR 633/72 (c.d. testo unico IVA) il quale precisa che: “Per valore normale dei beni e dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l’operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi”

Pertanto, la plusvalenza o la minusvalenza è calcolata come differenza tra il corrispettivo percepito e il costo non ammortizzato e concorre alla formazione del reddito nel periodo d’imposta in cui avviene l’incasso.

Principio di cassa o di competenza?

Così come previsto dall’articolo 54 al comma 1 – bis del TUIR “Si considerano plusvalenze o minusvalenze la differenza, positiva o negativa, tra il corrispettivo o l’indennità percepiti e il costo non ammortizzato”. Ne consegue che il legislatore, utilizzando il termine “percepiti” ha voluto applicare alla tassazione della plusvalenza conseguita dal professionista il criterio di cassa (senza possibilità di rateizzazione così come chiarito dall’’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 28 del 4 agosto 2006 “.

 

Ai fini delle imposte indirette la cessione dei cespiti comporta l’emissione di una parcella soggetta solo ad IVA (e non a ritenuta d’acconto e rivalsa per la cassa di previdenza).