Vendesi studio commercialista: L’avviamento dello studio professionale. Punti comuni e differenze con la cessione d’azienda

a cura di MPO & Partners

La normativa e la giurisprudenza tendono ad assimilare l’attività professionale alle attività di impresa ma nel caso di vendita di uno studio di commercialista occorre prestare particolare attenzione all’“Avviamento professionale” determinato dall’elemento immateriale (Intuitus personae) che caratterizza il rapporto cliente-professionista.

Le mutazioni dei mercati professionali, sulla scia di quanto già accade da tempo sia a livello comunitario sia internazionale, hanno evidenziato due fenomeni saldamente collegati tra di loro: l’affinamento delle competenze manageriali da parte del professionista e l’esigenza di sfruttare al meglio le sinergie e le specializzazioni professionali.

La conseguenza di tale consapevolezza è l’esponenziale aumento sia delle aggregazioni tra i professionisti sia delle operazioni di cessione/acquisizione di studi professionali, sempre più frequenti negli ultimi anni, anche a seguito dell’entrata in vigore del DL 223/2006 (c.d. decreto Bersani-Visco) in materia di liberalizzazione dei servizi professionali.

Dai dati provenienti dal Centro Studi di MpO si rileva che nel corso del 2015 le operazioni di cessione di studi di commercialisti è aumentata del 35% rispetto al 2015 ed i dati del 2016 sembrerebbero confermare il trend di crescita.

Così come precedentemente accennato deve rilevarsi come l’assimilazione delle libere professioni al mondo imprenditoriale è stata graduale nel tempo, manifestandosi a più livelli nel campo giuridico.

Più precisamente:

  • l’art. 50 del Trattato UE inserisce le libere professioni intellettuali tra i servizi. In questo modo pone sullo stesso piano le libere professioni e l’attività di carattere imprenditoriale stabilendo che entrambe sono finalizzate alla produzione di servizi;
  • l’art. 33 del Codice del Consumo, che tratta il contratto stipulato tra consumatore e professionista, disciplina al suo interno le clausole vessatorie accostando l’attività professionale a quella commerciale;
  • nell’art. 34 del Trattato di Maastricht le attività professionali ed imprenditoriali vengono considerate congiuntamente;
  • a livello comunitario le libere professioni sono assoggettate dalla Commissione per la Concorrenza, alla disciplina sulla concorrenza, in quanto vengono considerate come fattori di scambio e servizi. Viene estesa alle libere professioni una disciplina fino ad ora valida per la sola attività imprenditoriale;
  • nel 2004 la CE, con la comunicazione COM 83, invita l’Italia a rimuovere tutti gli ostacoli presenti nell’ordinamento interno che impediscono, di fatto, l’esistenza di un modello organizzativo di società professionali al cui interno ci siano anche soci apportatori di solo capitale.;
  • la stessa Corte di Giustizia ha confermato l’orientamento volto a far rientrare nella nozione di impresa tutte le entità esercenti attività economica, libere professioni comprese;
  • in Italia, a seguito anche del costante e consolidato orientamento della Suprema Corte in merito (meglio precisato di seguito), il legislatore è intervenuto nel 1997 con l’abrogazione dell’articolo 2 della Legge n. 1815/39. Tale normativa, che vietava la costituzione di società per esercitare le professioni intellettuali, è stata introdotta per rispondere alle sempre maggiori esigenze dei professionisti i quali, ispirati dalle famose e già diffuse società professionali in Francia e Germania, sentivano la necessità di crescita dell’attività professionale attraverso il processo di aggregazione;
  • in tempi più recenti, a livello nazionale, la Legge di stabilità 2012 (L. 183/2011) ha ammesso la possibilità di costituire le società tra professionisti secondo i modelli societari previsti dal Codice Civile (titoli V e VI del libro V).
  • Comma 821 dell’articolo 1 della L. 208/2015 Articolo 10 Legge n. 183 del 2011 il quale prevede che i Piani operativi POR e PON del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), rientranti nella programmazione dei fondi strutturali europei 2014/2020, si intendono estesi anche ai liberi professionisti, in quanto equiparati alle piccole e medie imprese come esercenti attività economica a prescindere dalla forma giuridica rivestita

Nel quadro delineato il proliferare delle operazioni di cessione e acquisizione di studi professionali ha fatto emergere il problema della valutazione del c.d. ”avviamento professionale”.

Il controverso argomento, riguardante il muro di confine che divide l’avviamento aziendale dalla clientela (‘avviamento professionale’) è stato trattato, seppur embrionalmente, in giurisprudenza già nel 1974 dalla Suprema Corte, con la sentenza n. 370 la quale ha precisato che : “il contratto di cessione-vendita di uno studio professionale nell’insieme degli elementi che lo costituiscono e pure in relazione alla clientela che ad esso faccia capo mediante il versamento di una somma, è valido e lecito in base al principio dell’autonomia contrattuale”.

Sempre la Suprema Corte è intervenuta successivamente con la sentenza n. 5848 del  1979 con la quale deduce che: “è giuridicamente configurabile la cessione di uno studio professionale insieme con il suo avviamento, in quanto questo non si identifica con la clientela (che ne costituisce oggettivamente solo un elemento), il cui trasferimento sarebbe impossibile sotto il profilo giuridico, ma consiste in una qualità di detto studio, il quale viene ceduto, quale complesso di elementi organizzati per l’esercizio dell’attività professionale, munito dell’attributo essenziale e necessario costituito dall’avviamento”.

Anche i Giudici Tributari di primo grado di Ferrara (Sentenza n. 1505/1988) ritornano sulla definizione di “avviamento professionale” precisando che ”non ci si trova di fronte ad una cessione di azienda o ad una vendita speculativa, tassabile per la plusvalenza eventualmente realizzata, ma piuttosto ad una pura e semplice liquidazione patrimoniale di una entità immateriale, quale la clientela o avviamento professionale”.

Infine recente giurisprudenza ha affermato la legittimità del contratto di cessione di uno studio professionale e della relativa clientela (Cass. 2860/2010) specificando che lo stesso va inteso ”al pari, pur con le sue specificità, di una vera e propria cessione d’azienda”.

In considerazione del quadro suesposto, nonostante l’intravvedersi di numerosi punti di contatto tra professioni intellettuali e aziende, il cedere lo studio professionale è operazione comunque diversa rispetto alla cessione delle attività commerciali in quanto, come si è avuto modo di approfondire in altri articoli, avviene solo mediante caratteristiche proprie dovendosi creare ex novo il rapporto fiduciario cliente-nuovo professionista.

Pertanto, nonostante numerosi punti di contatto tra cessione d’azienda e cessione della clientela di uno studio professionale, anche in merito all’avviamento, è evidente come sia ancora solido il muro di confine tra l’attività intellettuale e l’azienda.

MPO & Partners

Vendesi studio commercialista – Avviamento