I Pronto Ordini n.169/2018 e n. 205/2020 escludono la possibilità che una STP partecipi uno Studio Associato

Com’è noto, le Società Tra Professionisti (Stp), istituite nel nostro ordinamento ai sensi dell’art. 10 della legge n.183 del 12 novembre 2011, legittimano l’esercizio delle professioni regolamentate mediante la veste giuridica delle società commerciali.

Il 22 marzo del 2022 la Fondazione Nazionale dei Dottori Commercialisti ha pubblicato un interessante documento di ricerca intitolato “Il Ruolo Delle Stp Nell’evoluzione Della Professione Di Commercialista”, nel quale viene proposta la tesi secondo cui le Stp rappresentano uno strumento ancora poco sfruttato dal mondo delle professioni regolamentate e, più in generale, dal mondo delle libere professioni.

 

Tra le considerazioni fornite nel documento, di significativo rilievo sono i dati sulle Stp rilevati da Unioncamere che, aggiornati a marzo 2021, evidenziano un incremento di quasi l’80% del numero di Stp tra maggio 2018 (2.322) e marzo 2021 (4.129).

Tuttavia, limitatamente ai dati raccolti ed elaborati dal CNDCEC, è da registrare l’andamento decrescente del tasso di crescita annuale delle Stp dal 2015 (+94,5%) al 2020 (+17,9%).

Delle 4.129 Stp censite, circa la metà è afferente al campo legale (Società Tra Avvocati) e contabile, netto segnale di come questo istituto abbia riscosso maggior successo tra i commercialisti e gli avvocati.

Inoltre, dal punto di vista geografico, si segnala una maggiore presenza delle Stp iscritte all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili nel Nord del nostro paese rispetto al Centro-Sud. Infine, i dati forniti raccontano di come, in media, queste Stp siano composte da 2,8 soci e 4,2 dipendenti per un totale di 7 addetti senza il computo di eventuali collaboratori e praticanti.

Nella mente del legislatore, l’istituzione delle Stp si inserisce all’interno di un più ampio contesto rappresentato dalla necessità di riorganizzare il modello del tradizionale studio professionale al fine di poter erogare servizi a maggior valore aggiunto e, al contempo, corrispondere al meglio alle più stringenti esigenze della clientela.

Per questo motivo, le Stp sono spesso accostate al tema dell’aggregazione professionale, ossia il processo per cui, due o più professionisti si uniscono nello svolgimento della professione. Le forme a disposizione dei professionisti per realizzare progetti di aggregazione sono molteplici: dalla più semplice cessione dello studio, alla creazione ex-novo di una società passando per l’associazione tramite contratti di rete e network professionali.

Per questo motivo, non è raro che alcune operazioni M&A di studi professionali possano essere realizzate proprio mediante la costituzione di Stp, oppure ancora che una delle parti coinvolte eserciti già l’attività nella veste di Stp. Un caso particolare, che sarà di seguito esaminato, riguarda la fattispecie in cui una Stp intenda acquistare le quote di uno studio associato.

Nel nostro ordinamento non esiste una norma che vieti esplicitamente la partecipazione di una persona giuridica in un’associazione professionale. Il tenore letterale dell’art. 1 dell’abrogata L. 1815/1939

Le persone che, munite dei necessari titoli di abilitazione professionale, ovvero autorizzate all’esercizio di specifiche attività in forza di particolari disposizioni di legge, si associano per l’esercizio delle professioni o delle altre attività per cui sono abilitate o autorizzate, debbono usare, nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti coi terzi, esclusivamente la dizione di «studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario», seguito dal nome e cognome, coi titoli professionali, dei singoli associati

faceva indubbiamente riferimento solo a persone fisiche, dal momento che

a) i titoli di abilitazione professionali vengono conferiti a persone fisiche e

b) erano menzionati solo “il nome e il cognome” dell’associato senza prevedere, in via alternativa, la denominazione o ragione sociale.

 

Un chiarimento espresso in materia proviene dalla dottrina, che, col Pronto Ordini n. 169/2018 emanato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili si è espresso in merito ad un quesito formulato dall’Ordine di Busto Arsizio, il quale aveva per oggetto proprio l’ammissibilità, per un’associazione professionale, di essere partecipata da altra associazione professionale e da una STP.

Nello caso in esame, il Consiglio si è espresso dichiarando la non ammissibilità della partecipazione di una STP all’interno della compagine sociale di uno studio associato, concludendo che

ferma restando la possibilità di costituire associazioni professionali mono disciplinari o multidisciplinari – sia la costituzione, sia la successiva partecipazione, rappresentano una prerogativa dei professionisti persone fisiche che risultino iscritti in albi o elenchi tenuti da Ordini o Collegi, con l’ulteriore corollario che né un’associazione professionale né una STP possono partecipare ad associazioni tra tali professionisti già costituite

La tesi formulata nell’appena citato Pronto Ordini viene confermata e riproposta dal Consiglio Nazionale anche all’interno del più recente Pronto Oridni n. 205/2020. Il caso preso in esame dal Consiglio ha avuto per oggetto la richiesta di parere avanzata da un professionista iscritto all’Ordine di Milano, che in qualità di socio e legale rappresentante di un’associazione professionale e, contemporaneamente, amministratore unico di una Stp con una partecipazione al capitale sociale, sosteneva la possibilità di riorganizzare la struttura, mantenendo una partecipazione residuale nell’associazione e prevedendo l’ingresso della Stp nella medesima associazione.

Il Consiglio reputa non condivisibile questa fattispecie argomentando come “emerge con chiarezza che per quanto concerne le associazioni professionali il riferimento al professionista persona fisica resta inalterato, in ossequio e, più che altro, in funzione, dell’osservanza del canone della personalità della prestazione che costituisce principio cardine della materia e che è posto a tutela non solo delle categorie professionali, bensì anche della clientela e dei consumatori che ad essi si rivolgono” e che “nelle Stp […], dal momento che l’incarico è conferito alla società, e dove la partecipazione è consentita anche a soci non professionisti e a società che rivestono la qualifica di socio per finalità d’investimento, esiste un apparato normativo specificatamente finalizzato a impedire che al cliente vengano fornite prestazioni da parte di soggetti che non siano in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta, vale a dire da parte di soci non iscritti negli Albi o negli Elenchi di professioni regolamentate”.

Inoltre, a conferma di quanto disposto dai sopra citati Pronto Ordini, vi è anche un ulteriore dettame di carattere fiscale da cui emerge l’impossibilità da parte di una società di capitali di partecipare un’associazione professionale.

Infatti, secondo l’art. 5 co. 3 del TUIR, “le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni sono equiparate alle società semplici”, per cui, ai fini del trattamento fiscale, gli studi associati non producono redditi d’impresa, bensì redditi da lavoro autonomo, i quali vengono tassati in capo ai soci come redditi di partecipazione secondo il principio di cassa.

Quindi, se una società di capitali partecipasse uno studio associato, si porrebbe il problema del corretto inquadramento, dal punto di vista dell’imposizione fiscale, degli utili conseguiti dalla società di capitali che partecipi all’associazione professionale.

Sulla base di quanto sopra esposto, si può affermare dunque che una Stp non può partecipare, in qualità di socio, un’associazione professionale.