Il divieto di concorrenza dell’ex collaboratore dello Studio

Nei nostri precedenti contributi (si veda soprattutto Il trasferimento dello Studio e il patto di non concorrenza ) abbiamo più volte evidenziato che il trasferimento dello Studio professionale presuppone l’assunzione, da parte del professionista cedente, dell’obbligo di non concorrenza nei confronti del professionista subentrante.

Altrimenti, com’è ovvio, non ci sarebbe alcun “passaggio” di clientela.

Abbiamo anche visto che, nelle operazioni di m&a di Studi ed attività professionali, è di fondamentale importanza il subentro, da parte del cessionario, nella titolarità dei rapporti che il cedente aveva con i dipendenti ed i collaboratori al servizio dello Studio.

È evidente che l’interruzione del rapporto con un collaboratore dello Studio, soprattutto se il rapporto durava da diverso tempo prima del “cambio di titolarità”, potrebbe rivelarsi molto problematica per il subentrante: questo perché l’ex collaboratore potrebbe “portar via” parte della clientela dello Studio, quella con la quale intratteneva rapporti, sfruttando proprio il “passaggio” dal “vecchio” dominus a quello nuovo (che, ovviamente, non si è ancora fatto conoscere, personalmente e professionalmente, dai clienti dello Studio).

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, tuttavia, può fare al caso proprio del nuovo titolare.

Infatti, con la sentenza n. 9966 del 28/03/2022, gli Ermellini si sono trovati ad affrontare il caso di un ex collaboratore di uno Studio associato, che, risolto il rapporto con lo Studio, aveva dirottato la clientela con la quale aveva rapporti più stretti presso la nuova struttura nella quale era andato a prestare la propria opera.

Va premesso che, in assenza di un’apposita pattuizione, l’ex collaboratore sarebbe stato assolutamente libero di distrarre i clienti del “vecchio” Studio.

Tuttavia, nel caso di specie, le Parti avevano sottoscritto, all’atto di instaurazione del rapporto di collaborazione, un contratto nel quale veniva stabilito che, in caso di dirottamento della clientela,

durante la vigenza del contratto e nei tre anni successivi alla sua eventuale risoluzione, per il tramite del professionista-collaboratore verso altri soggetti, questo avrebbe dovuto corrispondere allo Studio una penale.

Dopo essere stato condannato al pagamento della penale prevista dalla giurisprudenza di merito, l’ex collaboratore si era rivolto ai giudici di legittimità, asserendo (tra l’altro) che i] non sarebbe possibile una condanna per inadempimento contrattuale basata su un comportamento di terzi (gli ex clienti), dotati di libero arbitrio e quindi liberi di rivolgersi ad altri professionisti e che ii] il tribunale avrebbe fatto anche un’erronea applicazione del principio della buona fede che trova il proprio limite nell’interesse del soggetto obbligato il quale non può essere tenuto al compimento di atti che comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico (nel caso di specie, a detta del ricorrente, l’ingiustificabile sacrificio avrebbe riguardato la propria professionalità, visto che aveva trascorso la quasi totalità della propria vita professionale nell’ex Studio).

Il ricorso è stato, tuttavia, rigettato dagli Ermellini, i quali, contrariamente a quanto sostenuto dall’ex collaboratore, hanno ritenuto esente da censure la motivazione dei giudici di merito.

In particolare, correttamente nei gradi inferiori di giudizio sarebbe stato evidenziato, nell’interpretazione del regolamento contrattuale tra le Parti, il bisogno, meritevole di tutela, dello Studio di tutelare l’aspetto più sensibile del proprio valore economico costituito dalla clientela che ad esso si affidava per l’erogazione dei servizi fiscali e contabili prestati.

Inoltre, secondo i giudici del Palazzaccio, non si poteva tralasciare il fatto che, per la clientela personalmente apportata allo Studio, a favore dell’ex collaboratore fosse riconosciuto un compenso “bonus”: ciò ad ulteriore prova che la volontà dello Studio, alla quale l’ex collaboratore aveva aderito, era quella di inibire a quest’ultimo la sottrazione, in qualunque modo, della clientela.

Di qui, la piena legittimità della previsione della penale di cui sopra.

Dalla sentenza sopra menzionata, quindi, si può notare la grande importanza di una contrattualizzazione precisa con i collaboratori, allo scopo di tutelare lo Studio da possibili sviamenti di clientela da parte dell’ex collaboratore.

Esigenza ancora più sentita in presenza di una cessione dello Studio stesso.