Cedesi studio Commercialista: la cessione d’azienda o di ramo d’azienda in caso di CED

a cura di MPO & Partners

Nello svolgere l’attività professionale, i professionisti possono avvalersi dei centri elaborazione dati anche costituiti in forma societaria.

Preliminarmente occorre evidenziare che l’attività svolta dal CED consiste nella mera digitazione dei dati forniti dal committente. Pertanto esso non può in alcun modo:

  1. svolgere attività riservate in esclusiva ad altre professioni cd. “protette”;
  2. svolgere attività di assistenza tecnica in contenzioso tributario;
  3. effettuare consulenza legale o del lavoro.

Al fine della vendita dello studio commercialista sotto forma di CED tra i negozi giuridici utilizzabili vi è la cessione d’azienda o la cessione del ramo d’azienda.

Il contratto di cessione d’azienda (al quale possiamo assimilare la vendita dello studio del commercialista) consiste nel trasferimento del diritto di esercizio dell’attività ad un altro soggetto economico e deve essere redatto in forma di atto pubblico (o scrittura autenticata) e depositato, entro 30 giorni dalla stipula, presso il Registro delle Imprese a cura del notaio rogante.

Anche nel caso in cui la cessione dello studio del commercialista avvenga per il tramite di un contratto di cessione d’azienda (o di ramo d’azienda) occorre prestare particolarmente attenzione ad inserire, all’interno dell’atto, tutte le clausole necessarie al fine della buona riuscita del trasferimento (tra le quali un congruo periodo di affiancamento, l’individuazione dei soggetti che si impegnano alla non concorrenza, le modalità ed i termini di verifica del fatturato, etc.), tutti elementi caratteristici della cessione dello studio di commercialista esercitato in forma individuale.

Ai fini fiscali l’operazione di cessione d’azienda (o del tramo d’azienda) può far emergere una plusvalenza (intesa come la differenza tra il prezzo di vendita pattuito ed il costo fiscalmente riconosciuto dall’azienda in capo al cedente) da assoggettare a tassazione. É il caso di ricordare che la plusvalenza ha sempre natura “unitaria”. Pertanto non è assolutamente possibile scomporre la plusvalenza complessivamente realizzata in più sub-componenti; ne consegue, ad esempio, che non è possibile applicare la PEX solo sulla parte di plusvalenza riconducibile alle partecipazioni, anche qualora l’azienda rispettasse i requisiti richiesti.

Ai fini delle imposte dirette, la tassazione in capo al cedente della plusvalenza conseguita a seguito della cessione d’azienda/ramo d’azienda può avvenire mediante 3 modalità.

Regime ordinario della tassazione

La cessione d’azienda\ramo d’azienda cessione non genera mai ricavi ma l’emersione di plusvalenze, le quali concorrono alla formazione del reddito ai sensi dell’art. 101 del T.U.I.R..

Ne consegue che la plusvalenza realizzata concorre per l’intero ammontare a formare il reddito di impresa del periodo di competenza e pertanto deve essere assoggettata alle imposte sui redditi con l’aliquota IRES o con le aliquote progressive IRPEF.

Regime della tassazione frazionata

Qualora l’azienda ceduta fosse posseduta da almeno 3 anni c’è la possibilità per il cedente di scegliere di assoggettare a tassazione la plusvalenza realizzata su più periodi di imposta ovvero suddividendola per quote costanti tra il periodo di competenza e nei successivi, non oltre il quarto (art. 86 TUIR). In questo caso occorrer procedere allo stanziamento delle imposte differite.

Nel caso di complessi aziendali acquisti attraverso operazioni straordinarie fiscalmente neutre (scissione, fusione, etc.), ai fini del calcolo del possesso triennale in capo all’avente causa rileva anche il periodo di possesso dell’azienda da parte del dante causa. Infine, nel caso di cessione dell’unica azienda di imprenditore individuale la rateizzazione della plusvalenza non può essere applicata in quanto verrebbe a mancare in capo al cedente la qualifica di imprenditore.

Regime di tassazione separata

Qualora il soggetto che cede l’azienda sia un imprenditore individuale e che questa sia posseduta da almeno cinque anni, vi è la possibilità di assoggettare la plusvalenza realizzata con il metodo della “tassazione separata”. A tale regime si può optare anche qualora l’imprenditore individuale prosegua nella propria attività imprenditoriale.

L’imposta deve essere calcolata applicando alla plusvalenza imponibile l’aliquota media corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nei due periodi di imposta antecedenti (art. 21, comma 1, TUIR).

Disciplina ai fini IRAP

In considerazione del fatto che sia le plusvalenze sia le minusvalenze derivanti da operazioni aventi per oggetto aziende o rami d’azienda dell’impresa costituiscono componenti straordinari queste non sono rilevanti ai fini IRAP. Irrilevanza confermata anche dall’Agenzia delle Entrate, che ha sottolineato che non rilevano ai fini IRAP le plusvalenze e minusvalenze derivanti da cessioni (o conferimento) di aziende/rami d’azienda.

Plusvalenze come redditi diversi

Ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera h) e h-bis), TUIR, costituiscono redditi diversi (e non componenti positive di reddito di impresa) le plusvalenze realizzate mediante:

  • la cessione dell’unica azienda dell’imprenditore individuale previamente concessa in affitto o in usufrutto a terzi;
  • la cessione dell’azienda ricevuta a titolo gratuito per successione o donazione, secondo il regime di neutralità fiscale di cui all’art. 58 del TUIR.

Ai fini delle imposte indirette la cessione d’azienda (o ramo d’azienda) è un’operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA ed è assoggettata all’imposta di registro nella misura del 3%. Qualora l’azienda trasferita sia composta da più beni per i quali è prevista una diversa aliquota (ed il contratto di cessione riporti in modo distinto il loro valore) occorre individuare le diverse basi imponibile al fine di assolvere correttamente gli obblighi relativi all’imposta di registro.

Effetti fiscali in capo al cessionario

Il cessionario si vede attribuiti beni facenti parte dell’azienda compreso l’eventuale avviamento. Tali beni dovranno essere presi in carico dal cessionario e assoggettati con le regole fiscali sulla base del corrispettivo pagato per il loro acquisto.

Le quote di ammortamento del valore dell’avviamento, iscritto nell’attivo, sono deducibili in misura non superiore ad 1/18 del valore stesso.

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