Posizione Finanziaria Netta: un puzzle da risolvere nelle operazioni M&A

Spesso, nell’ambito delle valutazioni d’azienda, si adotta il c.d. approccio “asset side”, per cui dapprima si stima il valore del capitale operativo dell’intera azienda (o Enterprise Value o EV) e poi, a questo, vengono effettuati degli aggiustamenti per effetto dei quali si giunge al valore del capitale proprio (o Equity value o E). Quest’ultimo, di fatto, è il prezzo effettivo che si riceve/paga nell’ambito di una operazione M&A e gli aggiustamenti riguardano principalmente l’indebitamento finanziario, il circolante e eventuali assets non operativi/strumentali (i surplus assets).

L’aggiustamento relativo all’indebitamento finanziario avviene nella prassi sulla base del calcolo della Posizione Finanziaria Netta (o PFN), chiamata anche indebitamento finanziario, indebitamento netto o net debt. La PFN, quindi, può andare ad aumentare il prezzo del target quando le liquidità a disposizione sono maggiori dei debiti da ripagare, o diminuirlo nel momento in cui non siano sufficienti ad estinguere le passività dovute.

 

Sebbene la PFN abbia una natura “tecnica”, e sia molto rilevante perché, come appena discusso, di fatto determina il prezzo del target, ciononostante manca di una definizione universalmente riconosciuta e condivisa. Sappiamo tutti che è data dalla differenza tra passività finanziarie e attività finanziarie, ma manca una chiara indicazione di quali valori debbano ricadere nell’una e nell’altra macro voce. Anche la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, in una pubblicazione del 2015 dedicata esclusivamente alla PFN, si era espressa a riguardo sottolineando la mancanza di un quadro comune e la frammentarietà delle varie posizioni: “… la posizione finanziaria netta, che può assumere configurazioni differenti in relazione alle specifiche attese conoscitive.”. E ancora “… appare evidente l’esigenza di un’adeguata elaborazione teorica di tale indicatore, allo stato ancora insufficiente, dal momento che anche la stessa definizione appare tutt’altro che univoca.”.

In questo senso, l’Organismo Italiano di Valutazione (OIV) avrebbe potuto risolvere la questione, per di più nello specifico contesto che ci interessa, ovvero dell’M&A. Tuttavia, i PIV si limitano ad indicare che nel procedimento “asset-side” dal valore delle attività deve essere sottratto il valore di mercato delle passività di natura finanziaria, senza però fornire definizioni o raccomandare definizioni prodotte da altre istituzioni.

 

Ampliando l’orizzonte e cercando risposte al di fuori del panorama italiano, si nota come la situazione non sia molto diversa. Vi sono definizioni fornite ad esempio dal FASB, dallo IASB, anche dal Fondo Monetario Internazionale, ma si tratta di definizioni non precise o non concepite per l’utilizzo nell’ambito di valutazioni in ottica di M&A.

Il principale contributo è stato fornito dall’ESMA, la cui definizione di PFN è quella più spesso utilizzata nella prassi. L’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari ha emesso in data 4 Marzo 2021 gli orientamenti sui requisiti di informativa derivanti dal nuovo Regolamento Prospetto (Regolamento UE 2017/1129), presentando uno schema di calcolo della PFN. Permane tuttavia un problema in quanto sebbene vi siano dei commenti sulle singoli voci di dettaglio, tali commenti non sono abbastanza precisi da eliminare dubbi interpretativi nell’applicazione concreta dello schema proposto. Ad esempio, le altre attività correnti sono definite solo in modo residuale, come attività finanziarie che non sono (i) disponibilità liquide, (ii) mezzi equivalenti a disponibilità liquide o (iii) strumenti derivati utilizzati con finalità di copertura.

 

Il problema di una definizione universalmente riconosciuta nasce principalmente da due condizioni:

  1. La PFN trova diverse definizioni nei diversi (e vasti) ambiti in cui viene applicata: oltre alle operazioni M&A, questo strumento viene utilizzato soprattutto in ambito contabile, bancario, di politica economica, e analisi delle performance.
  2. La natura complessa e variegata delle operazioni M&A, che coinvolgono aziende di settori diversi e con strutture finanziarie uniche, rende difficile stabilire una definizione rigida e universale per il calcolo della PFN.

 

Vi è dunque una certa complessità nella definizione di PFN, che deriva dalla necessità oggettiva e concreta di adattare il calcolo alle specifiche circostanze di ciascun caso: le parti durante le prime fasi di negoziazione decidono congiuntamente le voci da inserire per il calcolo, delineando quindi alcuni termini specifici per ogni singolo contratto. Questo sottolinea l’importanza di un’analisi accurata e personalizzata per garantire che la definizione di PFN sia adeguata alle esigenze e alle caratteristiche di ogni operazione M&A.