Lo studio associato: un modello associativo mai decollato

Close-up of business partners making pile of hands at meeting

Premessa

L’esercizio in forma associata delle professioni “protette” (e la costituzione di società tra professionisti per l’esercizio di professioni regolamentate in ordini professionali) è espressamente disciplinata dall’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per il 2012), e dal successivo decreto attuativo (DM n.35 dell’8 febbraio 2013).

Tale normativa ha abrogato la Legge 23 novembre 1939, n. 1815 che disciplinava gli “studi associati di assistenza e di consulenza” la quale, qui si ricorda, prevedeva espressamente il divieto di svolgere attività professionali protette sotto qualsiasi forma societaria diversa dallo “studio associato”.

La ratio della norma si fondava sulla volontà del legislatore di impedire che dietro allo schermo societario operassero persone non abilitate all’esercizio dell’attività professionale.

Più precisamente il legislatore poneva in primo piano il carattere rigorosamente personale della prestazione professionale (intuitus personae) e del particolare rapporto fiduciario che si instaura tra cliente e professionista.

Occorre precisare, comunque, che nonostante la legge 1815/1939 sia stata abrogata, ad oggi vi è ancora la possibilità di svolgere la professione tramite un’associazione professionale, costituita solo tra soggetti regolarmente iscritti a un albo professionale.

Vediamone le caratteristiche principali

La costituzione di uno studio associato

La costituzione di uno studio associato può avvenire con un atto pubblico o con una scrittura privata con firma autenticata e deve essere comunicata agli ordini professionali competenti.

I contenuti del contratto associativo e l’amministrazione

Il contratto associativo deve indicare in modo chiaro e preciso:

  1. i conferimenti degli associati
  2. i beni o i rapporti che devono essere restituiti al socio in caso di scioglimento del rapporto;
  3. la garanzia e i rischi dei conferimenti;
  4. la ripartizione dei guadagni e delle perdite;
  5. la restituzione dei beni conferiti in godimento;
  6. la liquidazione della quota del socio receduto.

L’amministrazione dello studio spetterà solamente agli associati e potrà essere esercitata disgiuntivamente dagli stessi.

La tassazione del reddito degli studi associati (cenni)

Il reddito prodotto dallo studio associato è sempre ricondotto al reddito di lavoro autonomo e non può essere mai riclassificabile come reddito di impresa. Tutto ciò anche in considerazione del fatto che i componenti l’associazione professionale (due o più) sono tutti professionisti iscritti ad un ordine professionale.

Infine, i redditi dello studio associato, determinati ai sensi dell’art. 54 del D.P.R. n. 917/1986, sono imputati ai soci attraverso il cosiddetto principio di trasparenza indipendentemente dall’effettiva distribuzione, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione agli utili.

Se non risultano diversamente determinate dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata (si precisa che tale scrittura deve essere di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta) le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci