Quando abbiamo affrontato questo argomento in un precedente articolo del 2018, l’intelligenza artificiale e la robotizzazione stavano appena iniziando a fare il loro ingresso nei più grandi studi legali e di commercialisti esteri; quasi nessuno conosceva Chat GPT.
Cinque anni dopo, la situazione è radicalmente cambiata, l’intelligenza artificiale (IA) è cresciuta in maniera esponenziale in termini di capacità e accessibilità. Non è più un prodotto esclusivo per professionisti tecnologici o grandi corporazioni: oggi chiunque può usufruire di potenti IA direttamente dal proprio smartphone per attività quotidiane, e per di più a costi irrisori se non addirittura gratuitamente. Anche per quanto riguarda le applicazioni professionali, soluzioni una volta appannaggio dei “giganti” stranieri stanno facendo il loro ingresso anche negli studi italiani di più grandi dimensioni. Le stesse software house collaborano con loro per sviluppare soluzioni scalabili e commercializzabili, alcuni studi hanno già IA “allenate” in funzione.
L’intelligenza artificiale è ormai una realtà che non può essere ignorata. Ignorarla significherebbe mettere a rischio la propria competitività in un mercato sempre più esigente.
Come spesso ripetuto, delegando i compiti ripetitivi e analitici si liberano tempo e risorse per concentrarsi su altri aspetti della professione, che richiedono un’alta competenza intellettuale e interpersonale. Questi “compiti ad alto valore aggiunto” includono, ad esempio, la consulenza strategica con i clienti, dove l’esperienza e il giudizio umano sono fondamentali per fornire soluzioni personalizzate. Allo stesso modo, la pianificazione strategica di business richiede una comprensione profonda del contesto di mercato, qualcosa che ancora non può essere completamente affidata a un algoritmo. Questi compiti sono generalmente più remunerativi e offrono un maggiore valore sia per il professionista sia per il cliente, contribuendo in modo significativo alla crescita e al successo dello studio professionale.
Ma cosa può fare una IA, in concreto, all’interno di uno studio legale o di commercialisti?
Innanzitutto, il termine “intelligenza artificiale” spesso viene utilizzato in modo generico, ma è importante capire a cosa ci si riferisca, in particolare distinguere tra Natural Language Processing (NLP) e Machine Learning (ML), due delle specializzazioni più rilevanti per gli studi professionali.
L’NLP (oggi ChatGPT è il più noto esempio) ha mostrato notevoli capacità nell’automazione di attività legate alla documentazione e nella generazione di contenuti testuali. È la forza trainante dietro chatbot avanzati, che possono gestire interazioni con i clienti, comprendere le richieste e fornire risposte in tempo reale, spesso indistinguibili da un operatore umano. Questo libera i professionisti da compiti routinari, consentendo loro di focalizzarsi su questioni più complesse e di maggiore valore aggiunto.
Il Machine Learning è diventato uno strumento indispensabile per l’analisi dei dati, specialmente in scenari che richiedono l’interpretazione di grandi volumi di informazioni. Negli studi legali, algoritmi di ML possono essere addestrati per analizzare precedenti giuridici e prevedere esiti giudiziari. Nel settore della consulenza e delle revisioni contabili, le applicazioni di ML possono automaticamente identificare anomalie o schemi nei dati finanziari.
Fatta questa premessa, i campi di applicazione di una IA in uno studio sono tanti ed in continua evoluzione. Ad oggi i principali:
- Automazione della documentazione: l’IA può automatizzare la creazione e la gestione di documenti, riducendo errori e velocizzando i processi.
- Analisi dei dati: L’IA può esaminare grandi set di dati per identificare schemi o anomalie, utili per la compliance fiscale o per rilevare frodi.
- Ricerca giuridica: Gli algoritmi possono effettuare ricerche dettagliate in banche dati di giurisprudenza, rendendo il processo più efficiente.
- Predizione di esiti giudiziari: Alcuni programmi utilizzano dati storici per prevedere l’esito potenziale di un caso legale.
- Chatbot per assistenza clienti: I bot possono gestire le richieste iniziali dei clienti, come se si interfacciassero con una persona, indirizzandoli verso i servizi più adatti.
- Revisione contrattuale: Strumenti di IA possono esaminare contratti e altri documenti, segnalando clausole problematiche o suggerendo miglioramenti.
- Dichiarativi: L’IA può aiutare nella compilazione di dichiarazioni fiscali, identificando opportunità di risparmio fiscale o potenziali rischi di non conformità.
- Supporto decisionale: Strumenti avanzati possono fornire ai professionisti analisi e consigli basati su dati, supportando decisioni strategiche.
- Formazione e aggiornamento: Sistemi di IA possono personalizzare programmi di formazione continua, basandosi sulle necessità specifiche del personale dello studio.
Sarebbe interessante avere un rapporto sulla diffusione di questi strumenti negli studi italiani, ma purtroppo ad oggi non esiste e si possono solo fare supposizioni. Sicuramente la spesa e l’attenzione alle tecnologie informatiche sono (volenti o nolenti) cresciute. Rimane tuttavia ancora un gap rispetto ai competitors stranieri, principalmente per questioni dimensionali. In un mondo in cui l’intelligenza artificiale e l’automazione stanno diventando la norma piuttosto che l’eccezione, infatti, l’aggregazione di studi professionali non è solo una strategia per i grandi studi, è soprattutto una necessità per i piccoli: aggregare le risorse e le competenze permette di affrontare meglio la rivoluzione tecnologica in corso, condividendo i costi di implementazione e mitigando i rischi associati all’adozione di nuove tecnologie.
In conclusione, una piccola provocazione, ma anche una dimostrazione. Poco meno del 50% delle frasi di questo articolo è stata scritta da una IA, senza alcuna modifica. Riuscireste a capire quali?