La giusta collocazione nella dichiarazione dei redditi dei corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela

Il professionista che vuole programmare il passaggio generazionale del proprio studio, attraverso la cessione a titolo oneroso dell’attività professionale, spesso si trova a dover affrontare alcune problematiche, tra le quali il trattamento fiscale dei corrispettivi percepiti a seguito della cessione dello studio professionale e la giusta collocazione nella dichiarazione dei redditi.

Tralasciando per il momento l’ipotesi dell’incasso del corrispettivo per la cessione della clientela in un’unica soluzione (anche questo argomento sarà trattato nei prossimi articoli) in caso di corrispettivo rateale, in relazione a tutte le rate, queste devono avere la qualificazione reddituale operata dall’articolo 54, comma 1-quater, del TUIR. Pertanto la cessione del «pacchetto clienti» genera interamente reddito professionale da assoggettare a tassazione ordinaria ai sensi dell’articolo 54 del TUIR. Di conseguenza i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela professionale dovranno essere inseriti nel quadro RE, rigo RE3 così come previsto dalle istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi 2017 per il periodo d’imposta 2016.

Solo per informazione ai fini IVA, in considerazione che il professionista cedente è obbligato ad emettere parcella per le rate incassate (assoggettandole ad IVA, CP e ritenuta d’acconto), il lavoratore autonomo, che intende cessare l’attività, deve conservare la partita IVA fino all’incasso dell’ultima rata.

Occorre ricordare che fino al marzo 2002 il professionista che voleva cedere il proprio studio doveva risolvere il delicato problema del giusto trattamento fiscale dei corrispettivi percepiti sia ai fini delle imposte dirette sia ai fini delle imposte indirette. Tutto ciò in assenza di una specifica normativa fiscale in materia.

Solo nel marzo 2002 l’Agenzia delle Entrate (Cfr. Risoluzione Ministeriale n. 108 /E del 29 marzo 2002), rispondendo ad un interpello presentato da un Ragioniere Commercialista, evidenziava che, ai fini delle imposte dirette, i compensi derivanti dalla vendita dello studio di commercialisti dovevano essere considerati quali “redditi diversi” così come previsto dall’articolo 81, lettera l), del Tuir. Infatti l’Amministrazione Finanziaria rileva che i proventi derivanti dalla cessione dello studio professionale vengono corrisposti a fronte dell’assunzione, da parte del professionista cedente, di precisi obblighi “… di fare, non fare o permettere” e pertanto devono essere inquadrati tra i redditi diversi. Ai fini dell’IVA l’Agenzia delle Entrate configura i corrispettivi per la cessione della clientela professionale alla stregua di una prestazione di servizio consistente nel “permettere la prosecuzione del rapporto professionale tra i suoi vecchi clienti ed il soggetto subentrante, nell’impegno di non proseguire (non fare) il rapporto professionale con i clienti ceduti e nell’impegno (fare) altresì di favorire la prosecuzione del rapporto tra i suoi vecchi clienti ed il nuovo soggetto”.

Il vuoto normativo viene colmato con l’entrata in vigore (4 luglio 2006) dell’articolo 36 del D.L. 223 del 2006 (c.d. Bersani Visco) il quale aggiunge all’articolo 54 del TUIR il comma 1-quater. Tale comma prevede espressamente che  “Concorrono a formare il reddito i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale”. Ribadendo, quindi, anche il principio “di cassa”.

Tutto ciò ha valore nel caso in cui lo studio del professionista è organizzato in forma individuale. Come è ben noto spesso i commercialisti si avvalgono anche di CED, organizzati sotto forma di società, ai quali delegano l’attività di elaborazione dati. In questo caso la vendita dello studio di commercialisti avviene attraverso altri negozi giuridici che saranno meglio descritti in altri articoli.

Da parte acquirente, infine, i costi derivanti dall’acquisizione di un pacchetto clienti sono costi interamente deducibili proprio in considerazione del fatto che questi sono stati considerati, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, pari alle consulenze professionali rese.

Per approfondire in modo più scientifico e puntuale possibile temi come quelli sopra descritti, MpO & Partners ha costituito l’associazione senza scopo di lucro “MpO Centro Studi”. Uno degli organi dell’associazione è il comitato scientifico al quale partecipano docenti universitari ed illustri professionisti e avrà il compito di emettere pareri pro-veritate in materia di valutazione dello studio professionale, operazioni di M&A di studi professionali, planning fiscale e contrattualistica.

MPO & Partners

Cessione dello studio professionale – Corrispettivi percepiti – Dichiarazione dei redditi 2017