Il contratto di cessione a titolo oneroso della clientela professionale. E’ valido il contratto di cessione della clientela di uno studio di commercialisti? La Corte di Cassazione ritorna sull’argomento.

Lo scenario delle operazioni di M&A di studi professionali

Negli ultimi quindici anni in Italia stiamo assistendo al proliferarsi di operazioni di cessione acquisizione di studi di commercialisti, consulenti del lavoro ed avvocati (e anche di altre attività professionali). Tale fenomeno ha originato, a partire dall’anno 2006, il riconoscimento, sia in giurisprudenza che in dottrina, della legittimità del contratto di cessione di uno studio professionale.

Il lungo iter del riconoscimento del pacchetto clienti quale legittimo oggetto di trasferimento

Già a partire dal 1974 il controverso argomento del riconoscimento “dell’avviamento professionale” è stato trattato dalla Suprema Corte (Cfr Sentenza n. 370) con la quale ha affermato che “il contratto di cessione-vendita di uno studio professionale nell’insieme degli elementi che lo costituiscono e pure in relazione alla clientela che a essa faccio capo mediante il versamento di una somma, è valido e lecito in base al principio dell’autonomia contrattuale”. Sulla stessa scia si possono citare due (tra tanti) interventi: la Suprema Corte (Cfr sentenza n. 5848 del 1979) ed i Giudici Tributari di Primo Grado di Ferrara (cfr sentenza 1505 del luglio 1998).

Pietra miliare sull’argomento è la sentenza n. 2860 del 2010 con la quale la Corte di Cassazione ha definitivamente chiarito che «… E’ lecitamente e validamente stipulato il contratto di trasferimento a titolo oneroso di uno studio professionale, comprensivo non solo di elementi materiali e arredi, ma anche della clientela…» …«essendo configurabile, con riferimento a quest’ultima (la clientela), non una cessione in senso tecnico … ma un complessivo impegno del cedente volto a favorire…»… la prosecuzione del rapporto professionale tra i vecchi clienti ed il soggetto subentrante.».

Ed ancora, nell’affermare la legittimità del contratto di cessione di uno studio professionale la Suprema Corte afferma che il contratto va inteso “al pari, pur con le sue specificità, di una vera e propria cessione d’azienda.”.

Sull’argomento si è espressa di recente la V sezione civile della Corte Suprema di Cassazione (cfr. sentenza n. 3400 del 24 ottobre 2018) con la quale ribadisce il già consolidato concetto che “anche gli studi professionali possono essere organizzati in forma di azienda, ogni qualvolta al profilo personale dell’attività svolta si affianchino un’organizzazione di mezzi e strutture, un numero di titolari e dipendenti ed un’ampiezza di locali adibiti all’attività, tali che il fattore organizzativo e l’entità dei mezzi impiegati sovrastino l’attività professionale del titolare, o quanto meno si pongano, rispetto ad essa, come entità giuridica dotata di una propria rilevanza strutturale e funzionale che, seppur non separata dall’attività del titolare, assuma una rilevanza economica.”.

Pertanto, “in base al principio di autonomia negoziale, si è ritenuto validamente stipulato il contratto avente ad oggetto il trasferimento, verso corrispettivo, dello studio professionale ad altro soggetto, intenzionato a proseguire l’attività avvalendosi del complesso di beni, materiali ed immateriali, appartenenti al proprio dante causa.

L’intervento del legislatore fiscale

Un primo chiarimento, seppur di natura fiscale, in merito alle operazioni di cessione-acquisizione di studi di commercialisti (ma anche di altre attività professionali) occorre attendere l’entrata in vigore del D.L. 223/2006 (c.d. Legge Bersani-Visco). Infatti, tale normativa novellando l’articolo 54 del T.U.I.R., prevede espressamente che “concorrono a formare il reddito (di lavoro autonomo) i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale”. Pertanto, a seguito dell’emanazione di tale normativa, che qui si ricorda essere di natura tributaria, il legislatore ha, di fatto, giuridicizzato il fenomeno (che qui bisogna ribadire sempre presente nel territorio nazionale) del trasferimento a titolo oneroso della clientela professionale, conferendogli piena legittimità e diritto di “cittadinanza” nel nostro ordinamento.

Come già avuto modo di rilevare il legislatore fiscale, a parere dello scrivente, ha operato una scelta decisamente infelice nell’utilizzo del termine “cessione” di clientela il che, come appare evidente, è semplicemente inconcepibile sotto il profilo giuridico.

E’ il caso di ricordare che il ritardo del nostro paese, colmato con il rinnovato articolo 54 del TUIR, non è sintomo dell’assenza fino ad allora di operazioni di cessione/acquisizione di studi professionali in quanto le stesse avvenivano utilizzando “strade alternative” in assenza di regole precise.

Alla luce di quanto sopra indicato si ritiene che il contratto di trasferimento a titolo oneroso della clientela professionale è valido e lecito.