La complessità delle valutazioni d’azienda aumenta di pari passo con inflazione e tassi d’interesse

Interest rates are to asset prices like gravity is to the apple. They power everything in the economic universe

(“I tassi di interesse stanno ai prezzi delle attività come la gravità sta alla mela. Sono il motore di tutto nell’universo economico”). 

– Warren Buffett.

 

 

Circa due settimane fa, la Banca Centrale Europea ha attuato l’incremento dei tassi di riferimento più ampio mai praticato nella sua storia (75 pb). Anche altre importanti banche centrali si muovono nella stessa direzione, a partire dalla FED, e le prospettive future sono di aumentare ulteriormente i tassi di interesse perché l’inflazione seguita ad essere di gran lunga troppo elevata.

Dopo anni in cui ci siamo assuefatti ad una inflazione pressoché nulla, il dato di agosto indica infatti un +9,1% per la zona Euro, e la politica monetaria si è trasformata da “accomodante” a “restrittiva”

Oggi di inflazione e tassi d’interesse se ne parla praticamente ovunque, proprio perché producono effetti su una molteplicità di soggetti e di comportamenti. Le valutazioni d’azienda non fanno eccezione. 

In questo articolo ci si concentrerà sull’impatto che l’attuale contesto può avere sul processo valutativo e sul valore economico delle attività, imprenditoriali o professionali che siano. L’obiettivo è quello di fornire una panoramica generale delle problematiche che oggi possono presentarsi ad un valutatore, senza pretesa di esaustività.

 

Per introdurre il primo effetto di un incremento dei tassi sul valore delle attività economiche può essere utile riportare un’altra citazione del famoso investitore Warren Buffett:

The value of every business, the value of a farm, the value of an apartment, the value of any economic asset is 100% sensitive to interest rates. The higher interest rates are, the less that present value is going to be”. (“Il valore di ogni attività, il valore di una fattoria, il valore di un appartamento, il valore di qualsiasi attività economica è sensibile al 100% ai tassi di interesse. Più alti sono i tassi di interesse, minore sarà il valore attuale.)

In sintesi, i tassi hanno un impatto sul valore di qualsiasi attività, a prescindere dalle sue caratteristiche uniche. Infatti, secondo i modelli valutativi oggi utilizzati in tutto il mondo:

  • Il valore di un’attività economica è pari al valore dei flussi di cassa che essa sarà in grado di generare nel futuro, scontati (ad oggi) ad un tasso rappresentativo del costo per il rischio e per il trascorrere del tempo. 
  • Maggiore è il costo (reale) del capitale, minore sarà il valore attuale di questi flussi di cassa e, di conseguenza, anche il valore dell’attività che si sta valutando. 

In questo senso, l’incremento della BCE si ripercuote sul c.d. tasso risk-free, che è una componente del modello di calcolo del cost of equity oggi più utilizzato, il CAPM (Ke = rf + β x ERP).

 

Un aumento dei tassi attuato dalla BCE, tuttavia, non comporta automaticamente un incremento del tasso di sconto da utilizzare in sede valutativa.

È bene ricordare, infatti, che quando si valuta un’attività economica occorre utilizzare il tasso a lungo termine, proprio perché si attualizzano flussi anche molto lontani nel tempo (per scontare un flusso a 10 anni, infatti, si è soliti fare riferimento, ad esempio, al rendimento di un BTP piuttosto che di un BOT). Una banca centrale può modificare i tassi a breve ma sono le attese del mercato a muovere i tassi a lungo termine (la c.d. curva dei rendimenti). 

Quindi, prima di modificare i propri modelli, occorrerà verificare se e quanto l’incremento dei tassi attuato dalla BCE, e forse ancor di più la sua comunicazione, hanno impattato effettivamente sui tassi a lungo termine. Ma non solo, occorrerà anche giudicare criticamente se il tasso a lungo termine espresso dal mercato può essere ritenuto ragionevole ai fini di una valutazione d’azienda.

In periodi di elevata volatilità, come quello che stiamo vivendo, anche il tasso a lungo termine può cambiare repentinamente, con oscillazioni rilevanti sulle stime finali di valore.

Per dare consistenza a quanto detto, nella seguente tabella si riporta, ad esempio, l’andamento del tasso a lungo termine dei titoli di stato italiani negli ultimi 12 mesi (il dato è fornito dalla BCE, ed è consultabile anche per tutti gli altri Stati Membri sul sito ecb.europa.eu):  

Il tasso è notevolmente cresciuto nel corso di un solo anno, quindi sicuramente gli incrementi e la comunicazione della BCE hanno avuto un effetto sulle attese degli operatori e sui tassi a lungo termine. Come anticipato, tuttavia, occorrerà giudicare tale tasso prima di applicarlo in sede di stima.

 

L’incremento dei tassi ha poi un secondo effetto, rappresentato dal conseguente incremento del costo dell’indebitamento. Un maggiore costo del debito ha l’effetto di ridurre i flussi di cassa a causa della maggiore spesa per interessi, colpendo, questa volta, i numeratori delle formule valutative.

Inoltre, l’aumento del costo del debito può avere un impatto anche sul profilo di rischio del target che si sta valutando, soprattutto per quei target che presentano indebitamento rilevante e margini ridotti. Ciò comporta un incremento anche del tasso di sconto, in quanto agisce sul beta nella formula del CAPM (se non anche a livello aggregato sull’ERP).

In questa sede, dunque, si passa da variabili “macro” e di mercato, che producono effetti sul valore di qualsiasi attività, ad analisi specifiche che devono essere condotte sul particolare target che si sta analizzando.

 

Stando a quanto sopra descritto, l’incremento dei tassi dovrebbe in conclusione produrre un effetto pesantemente negativo sul valore delle attività economiche.

Diverse analisi empiriche hanno tuttavia dimostrato l’esatto opposto: negli ultimi 50 anni a seguito di un incremento dei tassi da parte delle banche centrali il valore delle aziende (quotate) è quasi sempre cresciuto. Ma come è possibile?

L’incremento dei tassi è uno strumento che viene solitamente utilizzato in fasi di surriscaldamento dell’economia, per cui nonostante il maggior tasso di sconto e le maggiori spese per interessi, le aziende hanno potuto generare flussi di cassa tali da più che compensare questi effetti negativi. 

In sintesi, fintantoché vi è un equilibrio tra crescita economica e rialzo dei tassi questi ultimi non hanno un impatto negativo sul valore. L’impatto negativo si presenta invece quando l’incremento dei tassi avviene in un contesto di bassa crescita economica o, addirittura, di recessione

Anche in questo caso il valutatore è chiamato ad una complessa analisi critica, sia di natura macroeconomica sull’andamento dell’economia, sia specifica circa le prospettive di crescita future dei flussi di cassa del target che sta valutando. 

 

Per sviluppare ragionamenti conclusivi rispetto al contesto attuale, dobbiamo purtroppo inserire nell’equazione una difficoltà aggiuntiva. Per quanto il contesto appena descritto appaia già complesso, infatti, non si è ancora fatto cenno a quella che è la causa scatenante degli incrementi attuati sui tassi: la fiammata di inflazione che ha colpito gran parte dei paesi sviluppati. 

Rispetto a quanto appena detto, l’elevata inflazione potrebbe spingere le banche centrali a continuare l’incremento dei tassi, anche in presenza di un rallentamento dell’economia, con le conseguenze già descritte. Inoltre, di per sé produce impatti sul valore. È però importante premettere sin da subito che l’impatto sul valore ha rilevanza qualora l’inflazione sia allo stesso tempo elevata e persistente.

 

Brevemente, McKinsey indica che l’inflazione riduce il valore reale dei flussi di cassa che le aziende sono in grado di generare perché non possono incrementare i prezzi (senza ridurre le vendite) alla stessa velocità con cui crescono i costi, operativi e finanziari. Oltre a questo, che rappresenta l’effetto principale di un’elevata e persistente inflazione, vi sono poi anche altri effetti:

  • Gli investitori possono essere “spaventati” dall’inflazione e quindi chiedere un premio per il rischio maggiore, rappresentato dall’ERP nella formula del CAPM. Come già descritto, ad un maggior costo (reale) del capitale, ferme le altre variabili, corrisponde una minore valorizzazione delle attività.
  • Tutte le voci dell’attivo di stato patrimoniale rappresentate da valori nominali perdono di valore. Ad esempio, se l’inflazione balza del 10%, i crediti perdono il 10% del loro valore in termini reali. Ciò vale anche al contrario sulle passività, in questo caso a vantaggio. Il saldo finale tra vantaggi e svantaggi dipenderà dal mix proprio di ciascuna entità.
  • Il beneficio fiscale degli ammortamenti si riduce, in quanto non sono ricalcolati in base all’inflazione, mentre i margini tendono a “gonfiarsi” per effetto di essa.

 

Considerando tutto, ci si trova in una posizione quantomeno scomoda: 

  • fintantoché l’economia sarà in grado di “reggere” all’aumento dei tassi e l’inflazione non si dimostrerà persistente, non vi saranno rilevanti risvolti negativi sul valore delle attività economiche.
  • l’aumento dei tassi è però guidato dalla guerra che le banche centrali hanno dichiarato all’inflazione, il cui andamento è al momento imprevedibile.

In definitiva, ci sono molti dubbi, le banche centrali non sono in grado di fornire previsioni affidabili, anche le Borse, barometro dell’economia e del valore, non hanno ancora preso una direzione (anche se nel dubbio hanno abbandonato l’euforia). Ci sono però anche delle certezze:

  • Sicuramente il contesto è divenuto molto più complesso, anche rispetto al periodo covid. Compiere una valutazione d’azienda richiede in questo momento non solo elevate competenze ma l’aggiornamento costante e critico sull’andamento dell’economia globale.
  • Sicuramente è ragionevole prevedere un incremento dei tassi di sconto, sia perché il tasso a lungo termine è notevolmente incrementato, sia perché si arriva da un lungo periodo di tassi a zero o negativi, sia perché rischio e incertezza sono effettivamente aumentati.
  • Sicuramente, dopo anni di oblio (per quanto riguarda le valutazioni), è divenuto indispensabile monitorare l’andamento dell’inflazione e comprenderne gli effetti.