Cessione quote: validità e convenienza dell’istituto della rivalutazione

Nell’ambito delle operazioni M&A di studi professionali, la riorganizzazione di un’attività può essere più o meno strutturata a seconda delle esigenze delle parti e degli obiettivi da raggiungere e, tra le varie operazioni che possono essere passate al vaglio, la cessione delle quote rappresenta una strada percorribile nell’ipotesi di attività costituite in forma societaria.

E’ in tale contesto che si colloca la risposta ad interpello n. 4/2021 fornita dall’Agenzia delle Entrate, con la quale viene sancita la non elusività fiscale dell’operazione di cessione di partecipazioni, previamente rivalutate, a favore di una società socia della ceduta.

La fattispecie esaminata riguarda il caso di due istanti fratelli, detentori entrambi di una quota del 20% nella società Alfa Srl mentre il restante capitale sociale è partecipato dalla società Beta Srl per il 9% e dalla società Gamma Srl per il 51%. La Alfa Srl opera nel campo della gestione delle partecipazioni ed è inquadrata a monte di una catena partecipativa a valle della quale è presente la società quotata Delta SpA.

Obiettivo degli istanti è quello di cedere, previa opportuna rivalutazione ai sensi dell’art. 1 co. 693 e 694 della legge n. 169 del 27 dicembre 2019, le rispettive quote di partecipazione detenute in Alfa Srl alla società Beta Srl, di proprietà per il 66% del padre degli istanti (amministratore unico di Beta Srl e A.D. di Delta SpA) e per il 34% della madre, integrando in questo modo al 49% la partecipazione posseduta da Beta Srl in Alfa Srl. Il pagamento del corrispettivo è suddiviso in tre rate, una delle quali versata all’atto del closing, le rimanenti due con applicazione di un tasso di interesse pari al 3%.

Gli istanti chiedono riprova dell’insussistenza di profili abusivi nell’assetto riorganizzativo prospettato.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate è chiaro nel catalogare la riorganizzazione societaria prospettata come fattispecie che non costituisce abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 212 del 27 luglio 2000. Infatti, l’amministrazione finanziaria individua, quale unico e dichiarato fine dell’operazione di riassetto, quello di “consentire a Beta Srl il raggiungimento di una quota di partecipazione in Alfa Srl strategica pari al 49%, mediante la cessione previa rivalutazione delle quote di partecipazione detenute dagli istanti fratelli in Alfa Srl, complessivamente pari al 40%, alla società Beta Srl”.

Per l’argomentazione di tale tesi, l’ufficio ritorna sulla distinzione tra recesso “tipico” e “atipico”, riprendendo il chiarimento contenuto nella circolare n. 16/E del 22 aprile 2005 secondo cui l’ammissibilità, ai fini fiscali, del costo rideterminato delle partecipazioni è prevista solo nel solo caso di recesso atipico, dal momento che nel recesso tipico “le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate” (Art. 47 co. 7, TUIR). In caso di recesso atipico, come la fattispecie in esame, si viene a configurare un’ipotesi inquadrabile tra gli atti produttivi di redditi diversi di natura finanziaria (Art. 67, c. 1, lett. c) e c-bis) TUIR), a condizione che la cessione della partecipazione avvenga a titolo oneroso. Per queste motivazioni, conclude l’Agenzia, lo schema riorganizzativo prospettato dai contribuenti “appare operazione fisiologica funzionale alla fuoriuscita definitiva degli stessi dalla compagine sociale di Alfa Srl, non integrando in tal modo alcun vantaggio fiscale indebito”.

Legittimata la possibilità di effettuare riorganizzazioni societarie di questo tipo, è interessante valutare più in generale la reale convenienza, ai fini fiscali, dell’istituto della rivalutazione delle quote nell’ambito di un’operazione di cessione delle stesse.

La rivalutazione delle quote, più correttamente “rideterminazione del costo fiscale”, consiste in un meccanismo, introdotto per la prima volta dagli artt. 5 e 7 della Legge n. 448/2001 e riproposto con consuetudine dal legislatore, che permette al socio di ridurre l’imposizione fiscale nel caso in cui le quote di una società vengano vendute. In sostanza, questo meccanismo consente al socio di rivalutare il costo originale delle quote detenute, aumentandolo per riflettere l’incremento del loro valore nel tempo, e quindi ridurre l’importo dell’imposta dovuta sulla vendita delle stesse.

Di norma, la vendita di quote di qualsiasi società comporta la tassazione della plusvalenza originata, vale a dire la differenza tra il prezzo di vendita delle quote e il loro prezzo originale di acquisto, da inquadrare come reddito finanziario o “capital gain”. Attualmente, la disciplina fiscale delle plusvalenze, contenuta nell’art. 68, co. 6 del TUIR (dpr 917/86), il quale ne stabilisce le regole per il calcolo, prevede un regime di tassazione sostitutiva al 26%.

La nuova Legge di bilancio 2023 ha esteso il periodo di validità delle agevolazioni fiscali indicate negli articoli 5 e 7 della Legge n. 448/2001 riguardanti i terreni e le partecipazioni posseduti da soggetti non imprenditori al 1° gennaio 2023. Questa norma consente di rivalutare tali beni mediante redazione di una perizia di stima e il pagamento di un’imposta sostitutiva del 16%, sul valore rideterminato, entro il termine previsto del 15 novembre 2023.

Ma conviene rivalutare le quote?

Un primo aspetto da considerare, che all’apparenza può sembrare scontato, concerne l’esistenza o meno di una concreta possibilità di vendita della quota posseduta.

Si pensi ad esempio al caso, differente da quello poc’anzi esaminato ma molto frequente nell’ambito di operazioni M&A di studi professionali, di soci di una Stp o di uno studio associato interessati alla cessione delle proprie quote a terzi. In questo caso potrebbe profilarsi la problematica relativa alla ricerca di una controparte cui cedere le proprie quote. Infatti, se i soci sono intenzionati a vendere le rispettive quote e decidono di procedere in via preliminare alla rivalutazione delle stesse senza essersi prima accertati di avere un acquirente disposto a rilevarle, si rischia di “spendere a vuoto” per imposta sostitutiva e perizia.

Fatta questa premessa, la convenienza della rivalutazione è legata al confronto tra costo della rivalutazione, ovvero la sommatoria del 16% di imposta sostitutiva pagata sul costo rivalutato e delle spese per la redazione della perizia, ed imposizione al 26% che si pagherebbe sulla plusvalenza senza rivalutazione, basandosi sul costo fiscale originario della quota. Per eseguire tale confronto è necessario conoscere il costo fiscale originario della quota che si intende cedere. Nella tabella di seguito sono riepilogati i costi fiscali delle quote da prendere come base di partenza per il calcolo della plusvalenza a seconda delle modalità di acquisto:

Modalità di acquisto della quota:

Costo fiscale originale:

Derivante da compravendita

Prezzo di compravendita

Derivante da conferimento

Ultimo valore fiscale dell’azienda conferita

Derivante da acquisto per successione

Importo dichiarato agli effetti dell’imposta di successione.

Derivante da donazione

Costo riconosciuto in capo al donante

Per quanto riguarda le partecipazioni detenute nelle società di persone, il costo viene aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio tra la data d’acquisto e quella di successiva cessione, scomputando dal costo, fino a concorrenza dei redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio.

In linea di massima, il principio generale che quantifica i benefici della rivalutazione delle quote prevede che quanto più è elevato il costo fiscale originale della quota, tanto minore sarà la convenienza a rivalutarne il valore e viceversa. Di seguito un esempio numerico per chiarire:

Il massimo risparmio ottenibile con l’istituto della rivalutazione è attualmente pari al 10%, ovvero alla differenza tra la tassazione sulla plusvalenza piena al 26% e tassazione agevolata al 16%, conseguibile solo nel caso in cui il costo fiscale originale della quota sia pari a 0 (ad esempio per quote derivanti da cessioni in ambito famigliare).

E’ importante sottolineare come nelle operazioni di cessione quote è opportuno prestare le massime accortezze dal momento che ogni situazione presenta delle specificità che andranno valutate caso per caso e che comunque permane sempre una possibilità di contestazione per abuso del diritto da parte dell’Agenzia delle Entrate. In questo senso, è bene affidarsi alla consulenza di un advisor specializzato ed esperto in materia, il quale è in grado di comprendere le esigenze e gli obiettivi delle parti e di offrire una panoramica del contesto e degli effetti fiscali legati all’operazione.