Com’è noto, mediante la costituzione di una S.T.P. più professionisti, con l’eventuale apporto di soci non professionisti, possono organizzare ed esercitare la propria attività professionale in forma societaria (per una trattazione dei caratteri essenziali della S.T.P. si rinvia al precedente contributo ).
L’art. 10, co. 8 L. 183/2011 permette la possibilità di costituire STP “anche per l’esercizio di più attività professionali” (c.d. S.T.P. multidisciplinari).
Sembrerebbe quindi, prima facie, che figure professionali diverse possano sempre aggregarsi in una S.t.p. multidisciplinare.
Tuttavia, non è sempre così.
Al riguardo, va innanzitutto rilevato che non tutti i professionisti possono fare parte di una STP (ad es. i notai non possono proprio essere soci di STP, nemmeno tra soli notai).
Un discorso un po’ diverso va invece fatto con riguardo all’ipotesi in cui una delle figure professionali che vogliano aggregarsi sia un avvocato.
Infatti, ai sensi del successivo co. 9 della disposizione sopra citata, “restano salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.”
E, tra questi modelli già vigenti, c’era, appunto la Società tra Avvocati ex D.Lgs 96/2001.
Per quello che interessa in questa, si ricorda che, con la L. 124/2017, venne introdotto, nella legge professionale forense (L. 247/2012) il nuovo art. 4bis, ai sensi del quale i soci della Società tra Avvocati, “per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni.”
Va innanzitutto notato che, per quanto assurdo possa sembrare, la lettera della legge non esclude la possibilità di costituire una S.T.A. partecipata da un avvocato solo per una quota esigua, da altri professionisti (ad es. commercialisti) che complessivamente raggiungano, insieme all’avvocato i due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto e, per finire, da un soci investitori/non professionisti che detengano, insieme, il terzo residuo.
Si può ben immaginare la posizione “scomoda” di un Consiglio dell’Ordine che dovesse deliberare l’iscrizione o meno di una siffatta S.T.A. nel proprio albo.
Al riguardo nella prassi finora esaminata si riscontrano posizioni diverse, a seconda dell’Ordine interpellato.
Per sintetizzare, sono state fornite le seguenti interpretazioni:
- Non ci sono mai problemi ad iscrivere una S.T.A. multidisciplinare, anche se i soci avvocati detengano una quota di minoranza;
- I soci avvocati devono comunque detenere una quota prevalente, se non addirittura di due terzi;
- Non sarebbe ammissibile l’iscrizione di una S.T.A. in cui vi siano anche altri professionisti, perché, in quel caso, sarebbe una S.T.P. multidisciplinare e non una S.T.A.
Quest’ultima tesi, francamente, non convince perché va espressamente contro il summenzionato dato normativo.
Non si può però non notare che la coesistenza, a livello normativo, tra S.T.A. multidisciplinare e S.T.P. multidisciplinare crea non pochi problemi pratici.
Oltre alle suddette “perplessità” degli Ordini degli Avvocati sull’iscrizione delle S.T.A. multidisciplinari, infatti, bisogna tener conto del fatto che gli avvocati non possono esercitare la professione mediante S.T.P. (nemmeno se multidisciplinare) ma sono obbligati a farlo mediante S.T.A., unico soggetto giuridico al quale è consentito l’esercizio della professione forense in forma societaria (art. 4 bis L. 247/2017).
Da ciò consegue che:
- Una S.T.P. multidisciplinare non potrebbe mai avere, nel proprio oggetto sociale, anche l’attività forense e, conseguentemente, un avvocato non potrebbe mai essere un “socio professionista” di una S.T.P. (ma solo socio investitore/per prestazioni tecniche)
- L’unica società che potrebbe svolgere la professione forense e altre attività professionali (ad es. quelle proprie dei commercialisti e/o dei consulenti del lavoro) sarebbe la S.T.A. multidisciplinare.
Tuttavia, allo stato, pare che gli altri Ordini professionali (ad es. quelli dei commercialisti) non consentano l’iscrizione, nei propri Albi, di “società tra avvocati”, anche se multidisciplinari.
Decisamente, l’attuale quadro normativo sulle società professionali multidisciplinari genera, dal punto di vista pratico-operativo, notevole confusione ed incertezza!