La valutazione dello studio del Commercialista Consulente del Lavoro

Come si valuta uno Studio professionale? Si valuta utilizzando le logiche già sviluppate e condivise in tutto il mondo per la valutazione delle aziende, in quanto lo studio è comunque un asset che produce flussi di cassa, che ha prospettive di crescita e a cui è associabile un rischio

È quindi possibile avvalersi di diversi metodi di valutazione: metodi assoluti basati sui flussi (metodi finanziari e reddituali) ed i metodi relativi basati su comparazioni con il mercato (metodo dei multipli). Si escludono, in via generale, i metodi patrimoniali puri in quanto gli stessi si adattano meglio alle realtà dagli ingenti investimenti patrimoniali (come società immobiliari, holding di partecipazioni, etc). 

 

Le attività svolte dagli studi di ragionieri, dottori commercialisti e consulenti del lavoro riguardano la tenuta della contabilità, l’assistenza/consulenza di carattere amministrativo, fiscale, giuridico-commerciale ed economico-aziendale nei confronti di imprese e privati, e la consulenza e adempimenti amministrativi relativi al personale. Si tratta quindi di studi professionali caratterizzati da una clientela legata in maniera continuativa allo studio e da prestazioni professionali estremamente ripetibili nonché spesso standardizzabili.

Tali condizioni delineano il contesto ideale per l’applicazione della metodologia finanziaria. Infatti: 

  • è possibile analizzare in modo analitico ciascun cliente e verificarne la trasferibilità/ripetibilità, il compenso annuale a favore dello studio, la periodicità di pagamento delle prestazioni concordata, ed anche l’eventuale ritardo del cliente nei pagamenti rispetto a tale periodicità. In poche parole, si possono determinare in modo puntuale i flussi di cassa prospettici in entrata.
  • la struttura dei costi di studio è molto semplice, in quanto i costi rilevanti sono pochi e prevedibili (lo staff, il software gestionale, il canone di locazione, le utenze) e, quindi, anche i flussi di cassa in uscita sono facilmente determinabili in modo puntuale.

 

È pertanto possibile applicare la metodologia valutativa che è oggi la più utilizzata nell’ambito aziendale, ovvero il metodo finanziario, attraverso la classica formula del DCF (Discounted Cash Flow):

 

Laddove Ve è il valore economico del capitale in ottica di cessione (approccio equity-side), gli Fe sono i flussi di cassa disponibili per gli azionisti in ciascun anno t di previsione analitica dei flussi, Ke è il costo del capitale, e il valore terminale rappresenta il valore del target riferito agli anni successivi a quelli di previsione analitica. 

Gli Fe saranno calcolabili, come anticipato, in modo puntuale nel caso degli studi di commercialisti e consulenti del lavoro. Il valore terminale può invece essere calcolato utilizzando un multiplo di uscita (ad esempio il multiplo del fatturato) oppure il flusso di cassa che si ritiene probabile a regime, proiettato all’infinito.

Il parametro Ke rappresenta forse la maggiore difficoltà applicativa del metodo finanziario, a partire dalla formula stessa. Il modello di calcolo del tasso aggiustato per il rischio Ke ad oggi più diffuso in tutto il mondo è quello del CAPM (Capital Asset Pricing Model) che si traduce nella seguente formula:

 

Dove:

  • rf è il tasso risk-free. Rappresenta la remunerazione finanziaria legata al solo decorrere del tempo e quindi tipica di investimenti a lungo termine a tasso fisso con soggetti solvibili (es. BTP, IRS).
  • ERP = rmrf è il premio per il rischio del portafoglio di mercato, con rm rendimento atteso del portafoglio di mercato (o market portfolio). Indica quanto gli investitori, in media, domandano in aggiunta al rf per accettare di investire nel portafoglio azionario di mercato, che è rischioso.
  • β è una misura del rischio sistematico non diversificabile con il portafoglio di mercato in quanto specifico di una entità. È funzione di variabili quali: dimensione dell’impresa, grado di diversificazione, ciclicità del settore, prospettive di crescita e leva (operativa e finanziaria).

 

Finora, quanto detto vale per le grandi aziende, anche quotate, ma quando il target è uno studio di Commercialista o Consulente del Lavoro occorre applicare alcuni adattamenti, innanzitutto per tenere conto della minore classe dimensionale: le grandi aziende hanno minori profili di rischio in quanto hanno maggiori capacità di spesa per ricerca e sviluppo o pubblicità, sono diversificate, hanno maggiore capacità di assumere risorse umane più qualificate, hanno accesso al mercato dei capitali, sono managerializzate e dipendono meno da persone chiave. Normalmente gli Studi di Commercialisti e Consulenti del Lavoro sono entità di piccole dimensioni e occorre quindi applicare una maggiorazione al Ke, chiamata Small Size Premium (SSP), secondo la logica: minore la dimensione maggiore il premio.

Inoltre, nell’ambito professionale il cliente è legato da un rapporto fiduciario con il Commercialista o Consulente del Lavoro, fiducia che dipende tanto dalle sue competenze tecniche quanto dalle sue caratteristiche “umane”.  Infatti, nell’M&A professionale non si verifica una cessione in senso stretto dello studio ma un’assunzione, da parte del professionista cedente, di una serie di obbligazioni positive di fare e negative di non fare, finalizzate alla canalizzazione della clientela. Qualora l’adempimento di tali obbligazioni diventasse problematico (ad es. per cessione mortis causa, per impossibilità sopravvenuta della prestazione ecc.), si determinerebbe incremento del rischio di perdita della clientela e quindi di instabilità dei flussi di cassa. In questo caso sarà necessario agire sul tasso incrementando il costo del capitale o agire sui flussi di cassa riducendoli. 

Quanto appena detto vale anche con riferimento al concetto della continuità: il rapporto fiduciario può essere sviluppato non solo nei confronti del Dominus, ma anche tramite i suoi dipendenti e collaboratori o il mantenimento della sede. Anche modificare immediatamente l’organico e la sede dello studio a seguito della cessione porterebbe quindi ad un incremento del rischio di perdita della clientela e quindi di instabilità dei flussi di cassa. Anche in questo caso, in sede valutativa, si dovrà agire sul tasso incrementando il costo del capitale o agire sui flussi di cassa riducendoli. 

Infine, nell’ambito strettamente aziendale le figure dei soci, dei manager e delle risorse operative sono ben distinte: al socio competono gli utili, mentre tutte le altre risorse sono stipendiate e quindi influiscono automaticamente su redditività e flussi di cassa. Quando ci si trova nel contesto di uno studio professionale, invece, il Dominus assorbe in sé tutte e 3 queste figure. Per tale ragione, poiché il tasso Ke viene calcolato sulla base dei rendimenti di mercato, anche i flussi di cassa dovranno allo stesso modo essere calcolati facendo riferimento a condizioni di mercato e occorrerà quindi considerare nei flussi in uscita dello studio anche il costo implicito del Dominus. Tale costo è rappresentato dal costo annuo minimo da sostenere per garantire i livelli di fatturato e flussi di cassa su cui si basa la valutazione, ed è una grandezza che dovrebbe essere oggettivamente stimata facendo riferimento alle condizioni attuali del mercato del lavoro professionale.

 

Una seconda metodologia molto diffusa nella prassi delle valutazioni degli studi di commercialisti e consulenti del lavoro, e in generale di tutti gli studi professionali, è quella comparativa, o dei multipli di transazioni comparabili. In particolare attraverso il multiplo del fatturato. 

Questa prassi è riconosciuta dalla IFRS Foundation con riferimento agli studi professionali in genere e dalla Federazione Internazionale dei Commercialisti (IFAC) in particolare per gli studi di commercialisti. Tale approccio comparativo è diffuso proprio perché alla base dell’attività di commercialisti e consulenti del lavoro vi sono servizi ripetitivi e standardizzabili, e ciò fa sì che vi sia un’elevata correlazione tra fatturato e marginalità. Il multiplo, a queste condizioni, può quindi rappresentare una valida “scorciatoia” rispetto alle più complesse tecniche di attualizzazione dei flussi di cassa o di reddito attesi. 

Ovviamente tale semplicità porta con sé delle limitazioni, e, in particolare, valutare con un semplice multiplo del fatturato presuppone che tutti gli studi presentino i medesimi livelli di rischio e crescita, oltre che di marginalità. Per superare questo limite è possibile sofisticare la metodologia valutativa basata sul multiplo del fatturato “semplice” ricorrendo ad analisi di regressione. Come indicato anche dai Principi Italiani di Valutazione (PIV), infatti, ponendo il multiplo come funzione di una o più variabili (sia contabili che extra contabili), la regressione permette di collegare il suo livello con la dinamica di più driver di valore contemporaneamente, restituendo i parametri necessari a costruire il multiplo appropriato per la specifica azienda da valutare (sintesi commento al PIV III.1.38). 

 

L’analisi di regressione è una tecnica statistica già utilizzata da Legendre e Gauss nei primi dell’Ottocento per applicazioni astronomiche, ma prende nome da Sir Francis Galton (1877), il quale, esaminando le altezze dei figli in funzione dell’altezza dei padri, scoprì che la prima tendeva, appunto, a regredire verso la media. La regressione, infatti, è uno strumento che permette di verificare se esiste (e quanto sia forte) una relazione tra due set di dati, ciascuno composto da una o più variabili. In sostanza misura l’impatto del cambiamento di una o più variabili esplicative, dette indipendenti (l’altezza dei padri), su una o più variabili di interesse, dette dipendenti (l’altezza dei figli), oltre a fornire una misura dell’affidabilità del modello stesso.

È quindi un utile strumento per fare previsioni su un determinato fenomeno, per misurare l’efficienza di una scelta, per supportare decisioni o ridurre gli errori, ed è uno strumento oggi diffuso in tutto il mondo e in tutti i settori, dall’agricoltura all’intelligenza artificiale, dalla biomedicina all’intermediazione immobiliare.

Il risultato di un’analisi di regressione effettuata su un multiplo è in sostanza un’equazione con l’attribuzione di un “peso” (coefficiente) ad un certo numero di variabili, che si sono dimostrate determinanti nella formazione dei prezzi delle transazioni incluse nel campione di riferimento. Moltiplicando le medesime variabili, questa volta relative al target, per il corrispondente coefficiente individuato dalla regressione si ottiene il multiplo più appropriato su cui basare la stima di valore.

 

L’analisi di regressione tuttavia è uno strumento tanto potente quanto numerose e di qualità sono le informazioni disponibili, pertanto ha trovato applicazione in ambiti valutativi soprattutto con riferimento alle aziende quotate, e quotate sui mercati più evoluti, dove si è quasi raggiunta l’informazione perfetta. Inoltre, non è uno strumento automatico, sono necessarie competenze trasversali per applicarlo correttamente, soprattutto matematico/statistiche ed economiche. Occorre infatti che vi sia una logica sottostante alla scelta delle variabili, logica basata sulla teoria economica, e occorre valutare criticamente gli esiti dell’analisi anche da un punto di vista statistico. Per queste ragioni l’analisi di regressione è stata a lungo confinata ai target aziendali di grandi dimensioni, ma costituisce oggi uno strumento indispensabile per qualsiasi esperto valutatore che voglia applicare con la massima oggettività la metodologia dei multipli, indipendentemente da quale sia l’oggetto della valutazione. 

Nel 2016 MpO ha combinato le proprie competenze ed un database unico in Italia per numerosità di operazioni M&A di studi professionali concluse, con le competenze di professori dell’Università del Piemonte Orientale, e per prima ha applicato l’analisi di regressione nella valutazione di Studi Professionali (Commercialisti, Ragionieri e Consulenti del Lavoro). L’analisi svolta, per le sue caratteristiche di unicità, è stata oggetto anche di un paper scientifico dal titolo “Exploring Market Multiples Accuracy for Professional Practices: Sales is the Value Anchor but Profitability and Location Matter Too”, pubblicato e disponibile sul Journal of Management & Governance. L’analisi ha portato un contributo rilevante in un settore caratterizzato da transazioni “private” e quindi non catturate da nessun database ad oggi disponibile, e spesso avvenute utilizzando parametri di valutazione grezzi, come la prassi di valutare meccanicamente la clientela trasferita con un multiplo fisso del fatturato (c.d. metodo del pollice o rule of thumb), tipicamente pari ad 1,5.  

 

L’analisi di regressione compiuta da MpO è stata effettuata considerando diverse variabili, individuate sulla base di precedenti ricerche e teoria economica. Oltre al fatturato, e quindi alla clientela, che rimane la componente principale del valore di uno studio di Commercialista o Consulente del Lavoro, si sono dimostrate rilevanti, nello spiegare i prezzi delle cessioni di studi di Commercialisti del campione, altre 3 variabili:

  • la variabile contabile redditività, intesa come rapporto EBITDA/Fatturato, per cui all’aumentare della redditività di uno studio aumenta anche il multiplo del fatturato a lui associato;
  • la variabile non contabile relativa alla localizzazione dello studio in una città con più o meno di 50.000 abitanti, per cui agli studi situati in piccole città sono associati multipli del fatturato inferiori;
  • la variabile di controllo che misura la dilazione con la quale è pagato il prezzo di cessione, per cui all’aumentare della dilazione aumenta anche il multiplo del fatturato pagato dall’acquirente.

Altre variabili, come ad esempio la dimensione dello studio, o l’età del dominus cedente, non si sono dimostrate significative.

 

Il modello di determinazione del multiplo del fatturato così costruito è riassunto nella seguente formula:

PrezzoFatturato=+1 ST+2 lnMar+3 lnD+ε

Dove: α è l’intercetta; ST è una variabile dummy riferita alla localizzazione dello studio target (assume valore pari a 1 se lo studio è situato in una città con meno di 50.000 abitanti mentre assume valore pari a 0 se è situato in una città con un numero superiore di abitanti); lnMar è la redditività dello studio target intesa come EBITDA/Fatturato (logtrasformata); lnD è un indice che misura l’estensione della dilazione nel pagamento del prezzo di cessione dello studio target (logtrasformato); ε è (l’inevitabile) errore di approssimazione del modello; β sono i coefficienti risultato dell’analisi di regressione, che verranno moltiplicati per le variabili dello studio target prima elencate al fine di calcolare il corretto multiplo del fatturato.