Lo Stato agevola le aggregazioni imprenditoriali, non quelle professionali

Tutti: politica, ordini professionali, associazioni di categoria e giornalisti del settore ci dicono che i professionisti italiani, al fine di sconfiggere la crisi che da tempo li riguarda, dovrebbero aggregarsi fra loro per realizzare strutture organizzative che trascendano il superato modello di studio mono-professionale e siano in grado di affrontare in modo competitivo la vasta ed articolata domanda del mercato.

Bene, lo diciamo anche noi, ma il problema è che non basta dirlo. Il professionista italiano, animale storicamente solitario, non possiede la cultura dell’aggregazione e, inoltre, non trova nel sistema gli strumenti che lo incentivino a farlo. Pertanto, al fine di evitare che parlare di aggregazioni si risolva in un puro esercizio teorico, il processo di aggregazione professionale va agevolato ed insegnato. In questa sede ci concentreremo sulla necessità di agevolare i percorsi aggregativi, nel prossimo ci occuperemo della necessità di insegnare ai professionisti ad aggregarsi.

Come possono essere agevolate le aggregazioni? Certamente mediante una legislazione civilistico e soprattutto fiscale che le renda appetibili. Pensiamo ad alcune norme, sparse nel nostro ordinamento giuridico, che aiutano ad es. le aggregazioni e il passaggio generazionale riguardanti le imprese:

1) Il c.d. Bonus Aggregazioni, previsto dall’art. 11 del Decreto Crescita (Decreto Legge n. 34/2019), il quale prevede una deroga al principio di neutralità fiscale, riconoscendo, sia per la determinazione delle quote di ammortamento sia per la determinazione della plus/minusvalenza, i maggiori valori contabili derivanti da operazioni di fusione, scissione o conferimento d’azienda. Non è certo questa la sede per esaminare la portata di tale norma, ma quel che si vuole evidenziare è che si tratta di norma che agevola in modo significativo le operazioni straordinarie poste in essere dalle imprese. Al contrario, nel nostro sistema non sussiste alcuna norma analoga che agevoli le aggregazioni professionali o i conferimenti degli studi in società fra professionisti. 

2) L’esenzione per il passaggio generazionale delle aziende familiari, prevista dall’art. 3, comma 4-ter, Tus, il quale stabilisce che “i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli artt. 768-bis e ss c.c., a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggette all’imposta”. Anche in questo caso, non è certo la presente news la  sede adatta per trattare una tematica così complessa, ma ho ritenuto utile il suo richiamo, al fine di esemplificare un altro caso in cui il legislatore è intervenuto per agevolare, giustamente, il mondo imprenditoriale ed evitare le ricadute negative derivanti dal mancato perfezionarsi del passaggio generazionale ( ad esempio la perdita dei posti di lavoro ed  il calo del gettito fiscale). L’esenzione non riguarda direttamente le aggregazioni, ma vedremo che il tema del passaggio generazionale, in senso ampio, è strettamente connesso alla peculiarità delle aggregazioni in ambito professionale.

Non esiste una norma analoga per mondo professionale. Lo studio non è un “bene” che entra in successione (se si escludono alcune sue componenti quali le attrezzature o gli arredi) e regna l’incertezza su come disciplinare l’eventuale passaggio in favore degli eredi dei rapporti in essere con la clientela (infatti tale passaggio viene gestito sotto traccia). Ma, soprattutto, nessuna norma agevola il passaggio generazionale che si realizza in sede extra familiare, il quale nella prassi italiana configura una vera e propria operazione di aggregazione professionale, certamente da agevolarsi per le importanti potenzialità che essa ha in termini di rinnovamento degli studi, realizzazione personale, mantenimento dei posti di lavoro ed entrate fiscali.   

3) La rivalutazione facoltativa delle partecipazioni societarie, mediante pagamento di un’imposta sostitutiva, la cui ratio risiede proprio nella volontà del legislatore di favorire la loro circolazione e facilitare quindi i riassetti della proprietà delle società, garantendo, contemporaneamente, un gettito immediato all’Erario.  

Questa elencazione non vuole avere pretese di esaustività, ma si propone solo l’obiettivo di evidenziare come sia differente il trattamento riservato alle operazioni straordinarie (cessioni, fusioni, scissioni) che riguardano le aziende o le società, rispetto a quelle che interessano gli studi professionali. E’ evidente anche che gli strumenti normativi suindicati non siano tout court applicabili, in ragione della concettuale differenziazione fra azienda e studio professionale, alle operazioni di aggregazione professionale, ma che debbano invece essere adattati o se ne debba creare di specifici. Discorso parzialmente diverso sarebbe potuto valere per le STP, che possono essere organizzate tramite i modelli societari previsti dal codice civile, ma ogni possibile entusiasmo viene stroncato sul nascere, visto l’orientamento dell’AE che, con diverse risposte ad interpelli, ha affermato che il conferimento di uno studio associato o di uno studio individuale in una STP non costituisce un’operazione fiscalmente neutra, ma deve considerarsi una cessione a titolo oneroso di beni (risposte ad interpelli 107 e 125 del 2018).

Pertanto, allo stato, per quanto riguarda le operazioni di aggregazione professionale che passano da una iniziale monetizzazione in favore del professionista aggregato (quindi tramite la cessione dello studio), trova applicazione l’art. 54 comma 1quater del Tuir, il quale stabilisce che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo i corrispettivi percepiti in conseguenza della cessione della clientela o di altri beni immateriali inerenti l’attività professionale. E’ di tutta evidenza che un tale regime fiscale possa ridurre non di poco l’appeal dell’operazione, in quanto su tali importi il professionista dovrà pagare non solo le imposte secondo gli scaglioni applicabili, ma anche i contributi previdenziali alla Cassa di competenza, con un onere complessivo finale che si assesterà spesso a cavallo del 50% della somma incassata. 

E’ necessario che lo Stato intervenga, ma perché lo Stato dovrebbe agevolare i processi aggregativi fra i professionisti? Le ragioni sono varie e tutte di interesse pubblico, anche qualora il beneficiario diretto sia il privato:

  • aumento del gettito derivante dall’aumento delle operazioni che prevedono il pagamento di una somma
  • mantenimento del posto di lavoro dei dipendenti/collaboratori degli studi oggetto di cessione 
  • spinta alla realizzazione, da parte dei professionisti più intraprendenti, di organizzazioni professionali di dimensioni maggiori e più strutturate, in grado di fornire al cliente una gamma di servizi più qualificati e competitivi
  • possibilità, tramite strutture professionali più grandi, di fronteggiare la concorrenza delle società di consulenza straniere che stanno aggredendo il mercato
  • possibilità per i giovani di realizzare dei progetti di realizzazione professionale, i quali passino attraverso una iniziale aggregazione con un professionista più anziano e la conseguente possibilità di acquisire da lui sia la clientela sia tutto il suo know how professionale 
  • l’opportunità per il professionista vicino alla pensione di pianificare un’uscita graduale dalla professione, senza disperdere tutta l’esperienza sviluppata in decenni di attività e realizzando una sorta di TFR di fine carriera.

Quindi urge agire: informare la politica della necessità di intervenire, fare pressione su chi di dovere, creare consenso intorno a queste istanze, sensibilizzare gli organi di informazione, coinvolgere tutte le categorie professionali in questo percorso, muoversi tutti (Ordini, Associazioni di categoria e singoli professionisti) all’unisono, al fine di ottenere un risultato di cui tutto il mondo professionale non potrà che beneficiare. Noi ci stiamo già muovendo in questa direzione, ma da soli non ce la possiamo fare, servono intelligenze e competenze che credano nel progetto e lo aiutino a crescere. 

Nelle prossime news tratteremo della necessità di insegnare ai professionisti come aggregarsi, della potenzialità delle operazioni di aggregazioni fra studi professionali e delle caratteristiche di tali operazioni 

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