MBO e OKR: Modelli per la gestione del team nelle aggregazioni tra studi professionali

Lo scenario in atto nel mondo professionale, caratterizzato dall’incremento in numero e tipologia di concorrenti, da una domanda di mercato sempre più esigente e da continui mutamenti normativi, spinge sempre più professionisti ad aggregarsi per meglio competervi.

Le operazioni di aggregazione tra studi professionali hanno dato il via ad un vero e proprio processo di “imprenditorializzazione” delle attività professionali: le logiche del lavoro tipicamente adottate nel mondo aziendale, tra le quali la standardizzazione ed ottimazione dei processi organizzativi, la realizzazione di brand strutturati, il controllo di gestione, il marketing e la comunicazione, ora trovano applicazione anche in ambito professionale.

In altre parole, il professionista deve abituarsi all’idea che il proprio studio in una certa maniera è assimilabile ad un’azienda, e come tale va gestito.

 

In questo ambito, una tematica che assume significativa importanza è rappresentata dalla gestione e dall’organizzazione della forza lavoro all’interno degli studi in considerazione della crescita dimensionale indotta dalle operazioni di aggregazione tra studi professionali.

Ciò costringe i “manager” a studiare e successivamente mettere in atto modelli di gestione e controllo del team di lavoro più simili a quelli aziendali.

La finalità di questo articolo è quella di descrivere i principali modelli gestionali/organizzativi e gli elementi che consentano ai titolari degli studi professionali di fronteggiare questa sfida nel modo migliore possibile.

Ai fini di una gestione ottimale di un team di lavoro assume prioritaria importanza la definizione degli obiettivi. In materia di risorse umane, la pianificazione degli obiettivi può avvenire seguendo diversi approcci, tra cui il Management by Objectives (MBO) e l’Objectives and Key Results (OKR).

MBO, in italiano “gestione per obiettivi”, rappresenta un sistema di valutazione del personale che si basa sui risultati raggiunti a fronte di obiettivi prefissati e non sulle competenze espresse.

L’attuazione di questa tecnica si articola in cinque fasi: determinazione/revisione degli obiettivi organizzativi per l’intera azienda a lungo termine, traduzione di questi obiettivi ai dipendenti, stimolazione alla partecipazione degli impiegati nella definizione degli obiettivi individuali, monitoraggio dei progressi dei dipendenti, valutazione e premiazione sulla base dei risultati raggiunti dai dipendenti.

Questo strumento consente di impiegare un insieme di standard quantificabili o oggettivi rispetto ai quali misurare le prestazioni effettive di un’azienda e dei suoi dipendenti ed è finalizzato all’indivduazione delle aree problematiche ed al miglioramento dell’efficienza.

 

L’approccio OKR, in italiano “obiettivi e risultati chiave”, consiste in un framework organizzativo impostato su tre concetti: obiettivi, risultati chiave e iniziative.

Gli obiettivi, oltre che alla descrizione di un dato traguardo da raggiungere, stabiliscono un percorso chiaro da intraprendere e forniscono una motivazione per il suo raggiungimento.

I risultati chiave sono degli indicatori di performance, spesso rappresentati da numeri, che traducono l’obiettivo che ha natura qualitativa e quantificano il gap che intercorre tra il progresso fatto dal dipendente e l’obiettivo prefissato.

Le iniziative delineano i compiti che ogni risorsa deve adempiere per raggiungere l’obiettivo.

Detto in altri termini, l’obiettivo rappresenta la destinazione da raggiungere, il risultato chiave è la distanza da percorrere per arrivarci e l’iniziativa rappresenta il mezzo di trasporto col quale raggiungerla.

 

Per meglio comprendere quale dei due modelli gestionali aziendali sopra presentati si adatta meglio nel caso di un’aggregazione tra professionisti, occorre analizzare gli effetti che questa genera sull’organico post operazione.

Il primo naturale effetto di un’aggregazione tra più studi è l’incremento del numero di risorse che confluiranno all’interno della struttura risultante dall’operazione. Più aumenta il numero di persone da gestire, più la gestione diventa complessa.

Infatti, un aumento delle risorse umane, il cui ruolo all’interno di uno studio professionale è fondamentale per il successo, può complicare le dinamiche interne di studio, con crescente probabilità che insorgano problematiche di carattere relazionale e comunicativo, incomprensioni o addirittura tensioni tra i dipendenti, determinando così un cambiamento in negativo del clima dell’ambiente lavorativo.

 

In secondo luogo, la crescita dimensionale che si verifica in conseguenza di un’aggregazione, comporta inevitabilmente un aumento del flusso di informazioni che perviene, circola e fuoriesce dallo studio.

Come è noto, l’informazione rappresenta uno dei tasselli fondamentali di qualsiasi entità economica, perciò, nel momento in cui la base informativa incrementa quantitativamente, occorre essere in grado di implementare i processi che consentono lo scambio di informazioni, per fare in modo che ogni risorsa abbia accesso e possa disporre dei dati informativi di cui necessita per svolgere al meglio la propria mansione.

Infine, nell’ambito di un’aggregazione, è da considerare che, oltre all’aumento numerico delle risorse impiegate, confluiscono nello studio aggregante competenze specialistiche, know how ed esperienza di impiegati e collaboratori, per cui sorge il problema di coordinare il lavoro anche da un punto di vista qualitativo.

Tutte le problematiche sopra evidenziate trovano una soluzione comune in un concetto fondamentale ai fini della gestione del team, ossia quello della condivisione. In questo senso, la condivisione può essere analizzata sotto tre accezioni: relazioni, informazioni e ed esperienza.

La condivisione delle relazioni fa riferimento a quell’insieme di azioni e comportamenti atti a condividere conoscenze personali e professionali con le quali ci si rapporta durante l’attività.

È possibile poi condividere le informazioni attraverso l’introduzione di processi ripetitivi e standardizzati, che raggiungano il maggior numero di risorse possibili, nonché attraverso una loro efficiente implementazione.

L’esperienza rappresenta l’asset immateriale per eccellenza della professione, per cui la sua condivisione diviene essenziale ai fini della gestione dell’organico. Ciò può avvenire solo attraverso un periodo di affiancamento, nel quale le nuove risorse hanno modo di osservare comportamenti e modus operandi delle figure di riferimento al fine di interiorizzarli e trarne benefici in termini di produttività.

Dei due modelli in precedenza descritti, quello che più è in grado di promuovere e diffondere il concetto di condivisione è sicuramente l’OKR. Infatti, questo schema permette l’allineamento sugli obiettivi e sui risultati da raggiungere, sia a livello aziendale sia a livello di team, fino alla singola risorsa.

Rispetto al MBO, l’OKR ne elimina i due principali limiti, rappresentati dall’orizzonte temporale troppo lungo di pianificazione degli obiettivi e dai premi corrisposti in virtù del loro raggiungimento, in una prospettiva per cui gli obiettivi, ridotti in numero e definiti al massimo su base trimestrale, diventano l’ambizione ed i risultati, specifici, misurabili e realistici, vengono visti come aspirazioni piuttosto che come traguardi da raggiungere.

Inoltre, ai fini di una gestione ottimale del team di lavoro con questa metodologia, occorre sviluppare e perfezionare gli strumenti della delega e del feedback, rispettivamente per ottenere un maggior coinvolgimento delle risorse e per evitare che gli errori fuoriescano dallo studio.

Solo attraverso l’osservanza di questi elementi sarà possibile valorizzare al massimo il capitale umano degli studi professionali coinvolti in processi di aggregazione.

Per il successo di uno studio è di fondamentale importanza che tutto il gruppo di lavoro, e non solo il titolare, sappia in quale direzione andare per poter contribuire al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

L’istituzione di modelli organizzativi fondati sulla condivisione consente di eliminare le barriere di stampo individualista che spesso caratterizzano gli studi dei singoli professionisti e che rappresentano uno dei più grossi ostacoli all’interno dei processi di aggregazione tra gli studi professionali.