La fiscalità nelle operazioni di cessione partecipazioni/quote in presenza di clausole di earn-out

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All’interno del precedente contributo (https://mpopartners.com/articoli/clausola-di-salvaguardia-e-altre-clausole-di-earn-out-nelle-operazioni-di-ma-di-studi-professionali/) sono stati descritti i profili civilistici, legali e di prassi relativi all’impiego di clausole contrattuali di earn-out nell’ambito di operazioni di M&A di studi professionali. 

Dal punto di vista operativo, la previsione di tale meccanismo implica, il più delle volte, che il pagamento del corrispettivo pattuito dalle parti avvenga in più step: un prezzo iniziale solitamente corrisposto alla sottoscrizione del contratto di vendita, il quale potrà essere oggetto di revisione, ad una data successiva, in funzione di meccanismi di aggiustamento (cd. “clausole di salvaguardia”), ed un “earn-out”, ossia un corrispettivo residuo, differito e condizionato al raggiungimento di determinate condizioni, economiche e no.

 

In operazioni di questo tipo, dunque, al momento dell’atto di cessione, l’entità complessiva del corrispettivo non è nota. Limitando la prospettiva d’analisi al soggetto venditore, qualora si realizzeranno le condizioni legate all’earn-out, egli si troverà a incassare parte del corrispettivo in un momento successivo rispetto a quando è effettivamente avvenuta la vendita. 

Tale situazione, dal punto di vista fiscale, può generare dubbi interpretativi in merito al corretto inquadramento delle somme percepite a titolo di corrispettivo per la cessione.

 

In materia è intervenuta l’Agenzia delle Entrate che, con la Risoluzione n. 74/E del 20/12/2021, ha fornito risposta ad un’istanza di interpello di un contribuente, riportando precise disposizioni tributarie da osservare in caso di operazioni di cessione di partecipazioni in presenza di clausole di earn-out. 

 

Il caso prospettato dal contribuente aveva per oggetto la cessione, da parte di una persona fisica, di una partecipazione del 13,59% al capitale di una società a favore di un’acquirente società di diritto francese. Il contribuente, previa rivalutazione delle quote ai sensi dell’art. 137 del Decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, ha rideterminato il valore della quota oggetto di cessione in data 01/0/2020. Il corrispettivo di vendita è stato determinato prevedendo un prezzo iniziale versato dall’acquirente alla data di stipula del contratto, 12/11/2020, ed un earn-out residuale da corrispondere negli anni 2021, 2022, 2023 e 2024, condizionato al raggiungimento di determinate performance future della società. 

L’istante si interrogava su quale fosse il corretto procedimento da adottare, in sede di dichiarazione, al fine di evidenziare a) i redditi emersi nel momento in cui è avvenuto l’incasso della parte fissa del corrispettivo e b) quelli eventualmente conseguiti in funzione dell’earn-out.

 

L’AdE, dopo aver ricordato che le plusvalenze originate da cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate e non rientrano tra i redditi diversi (art. 67 T.U.I.R.) e che tali plusvalenze sono da determinarsi come differenza tra corrispettivo percepito e costo di acquisto della partecipazione (art. 68 T.U.I.R.), chiarisce, richiamando la Circolare n. 165/E del 24/06/1998, che l’istante temporale di realizzo della plusvalenza è da identificarsi nel momento in cui si perfeziona la cessione a titolo oneroso delle partecipazioni e non nell’eventuale diverso momento in cui viene pagato il corrispettivo. 

L’individuazione del momento di realizzo della plusvalenza, argomenta l’AdE, “consente di determinare il regime di tassazione applicabile, mentre quello in cui il corrispettivo viene percepito determina, sulla base del principio di cassa, il periodo d’imposta in cui il reddito deve essere assoggettato a tassazione”.

 

Ne deriva che, in caso di operazioni in cui sia previsto un earn-out, il cedente realizzerà, alla stipula del contratto, un reddito diverso relativo all’incasso della parte fissa del prezzo e, successivamente, qualora le condizioni si verificheranno, si realizzerà, secondo il principio di cassa, un reddito diverso da inquadrare fiscalmente allo stesso modo di quello realizzato in precedenza.

 

Dal momento che l’istante ha optato per l’istituto della rivalutazione delle quote, l’Agenzia fornisce un’ulteriore disposizione chiarendo che “nel caso in cui nel contratto di cessione siano previste clausole di earn-out e il cedente abbia rideterminato il costo o valore di acquisto della partecipazione oggetto della cessione, il corrispettivo complessivamente percepito (vale a dire sia la parte fissa sia la parte variabile) fino a concorrenza del valore rideterminato della partecipazione, non deve essere ulteriormente assoggettato a tassazione”.

 

Sulla base di quest’ultimo assunto, al fine di evitare che la modalità di pagamento del corrispettivo determini fenomeni di doppia imposizione, l’AdE espone il corretto procedimento da seguire in sede di dichiarazione. Nello specifico, qualora la parte fissa del prezzo sia inferiore al valore rideterminato della partecipazione, allora il venditore procederà a riportare come “costo” nel Modello Redditi PF, quadro RT, lo stesso importo del corrispettivo percepito. Nei dichiarativi relativi ai successivi periodi d’imposta, qualora il cedente incasserà anche gli earn-out, dovrà essere indicata, nella colonna 3 del Rigo RT22, l’eccedenza di costo non utilizzata in precedenza, determinata come differenza tra il valore della partecipazione rideterminato e quello inserito nel quadro RT in precedenza. Dovrà contestualmente essere compilata anche la sezione VII del quadro RT relativa al periodo d’imposta in cui è avvenuta la rivalutazione delle quote.

 

Più di recente, sulla tematica è intervenuta anche la Cassazione attraverso l’Ordinanza n. 17792 del 21/06/2023. Lo scenario qui esaminato è simile al caso già illustrato in precedenza: vendita, in data 25/02/2011, da parte di un soggetto persona fisica, dell’11,69% del capitale sociale di una Srl. Il pagamento del prezzo concordato prevedeva i) un prezzo base, ii) un aggiustamento e iii) un earn-out legato ai risultati economici che la società avrebbe ottenuto nel 2011 e 2012, da corrispondere rispettivamente nel 2012 e nel 2013. Il prezzo base e l’aggiustamento furono ricevuti dal venditore e tassati nel 2011. Successivamente, in base ai risultati economici effettivamente conseguiti dalla società, si realizzò un earn-out di € 724.852,00, incassato nel 2012, ed un altro di € 1.108.482,00, incassato nel 2013. Tali importi furono dichiarati dal venditore per i rispettivi anni fiscali, con un’imposta al 20% regolarmente versata.

 

Il venditore ritenne che l’imposta dovesse essere calcolata applicando l’aliquota inferiore del 12,5%, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D. Lgs. n. 461/1997 vigente nel 2011, vale a dire al momento della cessione della partecipazione. Pertanto, il 24 ottobre 2016, presentò un’istanza di rimborso per un importo pari alla differenza tra l’imposta pagata (20%) e quella da lui considerata corretta (12,5%), oltre agli interessi. A seguito del silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, venne presentato ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che lo respinse con sentenza confermata anche in appello dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia. Contro tale decisione, il venditore ha quindi deciso di presentare ricorso in Cassazione. 

 

Di particolare rilievo ai fini del presente contributo è la seconda motivazione, poi accolta dagli Ermellini, che il ricorrente ha presentato a supporto della sua tesi, vale a dire quella per cui “i giudici del merito avrebbero confuso il momento di perfezionamento del trasferimento della proprietà della partecipazione, rilevante per individuare l’aliquota di imposta applicabile, dall’incasso del corrispettivo”. 

La fondatezza di tale motivo viene accolta dalla Cassazione richiamando sia la già citata prassi dei giudici di appello (Circolare 24 giugno 1998 n. 165/E) sia la stessa giurisprudenza di Corte (Cass. 07/06/2018 n. 14848, Cass. 03/05/2019, n. 11635) in merito alla definizione del momento di realizzo della plusvalenza fiscalmente rilevante, ribadendo che “in tema di imposte sui redditi, la plusvalenza fiscalmente rilevante si realizza al momento della conclusione del contratto, mentre non hanno rilievo alcuno le vicende successive relative all’adempimento degli obblighi contrattuali, quali l’omessa percezione del prezzo o la sua eventuale rateizzazione, o l’estinzione dell’obbligazione successivamente intervenuta”.

 

Infine, con riferimento al corretto inquadramento fiscale dei corrispettivi percepiti a seguito di una cessione di partecipazioni con previsione di earn-out, viene effettuato esplicito rimando alla già descritta Risoluzione n. 74/E del 20/12/2021, chiarendo ancora una volta che, ai fini della determinazione del regime di tassazione applicabile su tali redditi, compresa l’aliquota di imposta, occorre fare riferimento al momento di conclusione del contratto di vendita. 

 

È noto come l’impatto della fiscalità rappresenta un aspetto da attenzionare in qualsiasi tipo di operazione di M&A di studi professionali. Il ricorso a clausole di earn-out in queste operazioni è sempre più frequente, e, come si è visto, può far sorgere diversi interrogativi circa la loro corretta gestione fiscale. Diviene dunque fondamentale comprendere le linee guida impartite dal nostro ordinamento tributario al fine di evitare eventuali errori in sede di dichiarazione.