Cessione studio commercialista: Il passaggio dei dipendenti

Come già accennato in precedenti articoli si discute molto delle operazioni di cessione\acquisizione di clientela professionale. Le ragioni dell’interesse verso questo fenomeno sono parecchie. Ad esempio ci si chiede come mai esso riscuota tanto successo quando invece il tentativo, peraltro recente, di diffondere l’usanza di creare società tra professionisti non è ancora decollato; ma se ne discute anche perché questa particolare tipologia di cessioni garantisce vantaggi e convenienza per entrambe le parti coinvolte.

Quando in passato non si erano ancora diffuse le operazioni di cessione di studi professionali, il momento del “pensionamento” del professionista veniva quasi sempre vissuto come qualcosa di quasi traumatico. Se egli, infatti, non aveva avuto la possibilità di programmare un passaggio generazionale, grazie a dei soci disposti a rilevare la sua parte o dei figli in grado di subentrare nel suo ruolo, finiva per dover semplicemente chiudere lo studio. Tutto ciò determina un evidente disservizio verso la clientela ed un indiscutibile disagio per i dipendenti. Infatti uno studio che “chiude” comporta il licenziamento dei suoi dipendenti e una spiacevole situazione per i clienti, che si trovano a dover affrontare la scelta di un professionista di riferimento, nella maggior parte dei casi senza averne le competenze adeguate per poterlo fare al meglio. Cedere lo studio professionale, invece di chiuderlo, è la soluzione ideale per questo tipo di problematiche in quanto è parte cedente che “sceglie” al meglio il professionista subentrante anche in base alle specifiche peculiarità dello studio (clientela, dipendenti, location, etc). Particolare attenzione viene rivolta ai dipendenti (e collaboratori) dello studio professionale in quanto l’operazione di cessione dello studio professionale ha la naturale conseguenza della continuità dell’attività e pertanto mantiene inalterati i livelli occupazionali.

In merito a questo argomento MpO & Partners, quale ente valutatore terzo, ha ricevuto incarico, da parte di un primario studio di commercialisti in Milano città, di partecipare attivamente al trasferimento dei dipendenti da parte cedente a parte acquirente. L’operazione, molto delicata e complessa, ha visto scendere in campo le parti coinvolte nell’operazione (ed i rispettivi consulenti del lavoro) nonché le organizzazioni sindacali. Tutto ciò al fine di rendere chiare e trasparenti le varie fasi di trasferimento dei dipendenti e garantire, di conseguenza, il mantenimento dei livelli occupazionali.

Il trasferimento del TFR dei dipendenti

Per il buon esito delle operazioni di cessione\acquisizione di studi professionali una delle parole chiave è indubbiamente “Continuità”. Essa deve essere intesa sia come continuità dei servizi offerti alla clientela sia in termini di mantenimento dei livelli occupazionali. Pertanto, tendenzialmente, tutto il personale dipendente “passa” dal cedente al cessionario. A questo punto uno dei nodi da sciogliere, in sede di operazioni di cessione di studi professionali, è quello relativo al trattamento, anche da un punto di vista fiscale, del TFR maturato dai dipendenti. Tale importo può essere:

  1. Accollato da parte acquirente (e conseguentemente stornato dai corrispettivi da pagare);
  2. Liquidato da parte cedente.

Tralasciando il secondo caso, che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti, occorre analizzare, anche da un punto di vista fiscale, se ci sono ripercussioni sull’accollo del TFR da parte acquirente.

Ripercorrendo il regime fiscale applicabile al trasferimento a titolo oneroso della clientela professionale, ai fini delle imposte dirette si ricorda che il comma 1 bis, 1 ter ed 1 quater dell’articolo 54 del TUIR prevedono rispettivamente: la rilevanza fiscale delle plusvalenze e minusvalenze realizzate a seguito di cessione dei beni strumentali utilizzati nell’ambito dell’attività professionale e l’inquadramento, quali redditi di natura professionale, i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela.

Ai fini delle imposte indirette il corrispettivo relativo alla cessione dello studio professionale è soggetto ad IVA, con la conseguenza che, parte cedente, non può chiudere la propria partita IVA fintanto che vi siano compensi ancora da percepire.

Fatte queste dovute premesse il TFR è una passività che contabilmente, analogamente alle imprese, viene contabilizzata dal professionista per competenza. Pertanto il TFR che viene trasferito “in toto” al cessionario rappresenta, per entrambe le parti, una passività e pertanto non costituisce materia imponibile.