Attività professionale affiancata da una società di servizi: cessione d’azienda e contratti con la P.A.

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Non è raro che un professionista, ai fini dello svolgimento della propria attività, si avvalga anche del supporto di una società di servizi, a cui delegare generalmente tutte le prestazioni che non sono riservate al professionista (prima fra tutte la raccolta ed elaborazione dati in materia contabile e/o giuslavoristica) e che sia intestataria, integralmente o parzialmente, della titolarità dei rapporti/beni funzionali all’esercizio dell’intero Studio (ad es. dipendenti, locazione/proprietà dell’immobile, attrezzature, utenze etc.).

In un tale contesto, l’operazione di cessione/aggregazione dell’attività verrà strutturata tramite la combinazione fra un contratto di presentazione/canalizzazione della clientela del professionista ed un contratto di trasferimento dell’azienda della società di servizi, eventualmente preceduto da un contratto di affitto (per maggiori approfondimenti si rinvia al nostro precedente articolo Attività Professionale affiancata da una società di servizi: la valida causa del contratto di affitto d’azienda con opzione di acquisto)

Può accadere che la società cedente sia intestataria di un contratto con una pubblica amministrazione, avente ad oggetto la prestazione, a favore dell’ente pubblico, di servizi di contabilità o di elaborazione dati.

Contratto stipulato all’esito vittorioso di una gara d’appalto.

Oggetto del presente contributo è quindi capire, mediante una rapida disamina della normativa di settore, la sorte del contratto con la P.A., all’esito della cessione d’azienda.

Va premesso che nell’indire una gara d’appalto, ogni ente pubblico, nel bando di gara, può fissare alcuni requisiti, richiesti ai partecipanti ai fini dell’ammissione o ai fini dell’attribuzione di un determinato punteggio, che influirà sulla classifica finale dei partecipanti e, quindi, sull’identificazione del soggetto ammesso a contrarre.

Tanto premesso, va subito rilevato che l’art. 106 D. Lgs. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), in estrema sintesi, ammette la possibilità che all’aggiudicatario iniziale possa succedere “per causa di morte o a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, scissioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione del presente codice.”

In forza di tale norma, l’A.N.A.C. (con delibera n. 244 del 08/03/2017) ha chiarito che “è ammissibile il subentro di altro soggetto nella posizione di mandatario del RTI aggiudicatario a seguito di cessione di ramo d’azienda, sempre che la cessione sia comunicata alla stazione appaltante ed essa non sia finalizzata a eludere l’applicazione del codice.

La S.A. dovrà verificare l’idoneità del cessionario, e quindi i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara, che devono permanere per l’intera durata del contratto, nonché i requisiti di carattere generale delle cedenti.”

Venendo al tema del presente contributo, quindi, si può affermare che, in linea generale, non vi sono motivi ostativi al trasferimento dei contratti in essere tra il C.E.D. e le pubbliche amministrazioni in caso di trasferimento di Studio, realizzato (anche) mediante la cessione dell’azienda (o del ramo d’azienda) del C.E.D. stesso.

Tale principio può comunque subire deroghe in relazione a singoli casi, con riguardo al contenuto del singolo bando/capitolato d’appalto.

Il C.E.D. cessionario, infatti, dovrà comunque avere per lo meno i medesimi requisiti che erano stati richiesti illo tempore al C.E.D. cedente per la partecipazione alla gara che poi si era aggiudicato, soprattutto nel caso in cui, in relazione a detti profili, fosse stato attribuito un determinato punteggio, che ha influito sulla classifica finale della gara. Si pensi ad es. ai determinati e specifici requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico-organizzativa.

Altro aspetto molto importante riguarda l’eventuale diretto coinvolgimento di figure professionali.

Al riguardo, infatti, è bene ricordare che, ai sensi dell’art. 45, co. 4, Cod. Contratti Pubblici, “le stazioni appaltanti possono imporre alle persone giuridiche di indicare, nell’offerta o nella domanda di partecipazione a procedure di aggiudicazione di appalti di servizi e di lavori, nonché

di forniture che comportano anche servizi o lavori di posa in opera e di installazione e di concessioni, il nome e le qualifiche professionali delle persone fisiche incaricate di fornire la prestazione relativa allo specifico contratto.”

Ciò avviene di prassi nelle gare aventi ad oggetto l’affidamento di servizi di contabilità.

Sulla base di quanto stabilito al summenzionato art. 106, Cod. Contratti Pubblici, si può ritenere che, in via generale e ferma restando una valutazione caso per caso, non vi possano essere motivi ostativi all’indicazione di un nuovo professionista di riferimento, che abbia le medesime qualità professionali (ad es. possesso di un determinato titolo, svolgimento di precedenti incarichi, anzianità d’iscrizione) di quello indicato all’atto della domanda di partecipazione alla gara.

Data però la forte caratterizzazione personale della prestazione professionale intellettuale, è altamente consigliabile, che, nelle operazioni di M&A di Studi professionali strutturati e titolari di contratti in essere con pubbliche amministrazioni, il professionista indicato nel bando di gara non si limiti ad alla mera attività di affiancamento e presentazione/canalizzazione della clientela (che peraltro, per ovvi motivi, sarebbe limitata solo a quella privata), ma, a latere, inizi una collaborazione professionale con il cessionario e continui ad essere il referente della (nuova) struttura nei rapporti già in essere con gli enti pubblici.