Aggregazioni professionali: per crescere e competere bisogna dialogare con il mondo imprenditoriale

Si è svolta il 13 dicembre scorso a Milano la tavola rotonda dal titolo “Imprenditori e Professionisti: insieme è meglio” organizzata da MpO– prima realtà in Italia specializzata in aggregazioni/fusioni/acquisizioni di realtà professionali – con l’obiettivo di capire quali possono essere i nuovi modelli di business che permettano ad uno studio professionale di crescere, essere più competitivo ed efficace nel rispondere alle esigenze del mercato di oggi e di domani.

Moderato da Isidoro Trovato, giornalista responsabile della sezione Professioni del CorriereEconomia/ Corriere della Sera, il dibattito ha ospitato Marco Natali, delegato di Confprofessioni, Alessia Rigoni di F2A, Michel Cohen di DentalPro, insieme a Corrado Mandirola e Alessandro Siess, i founder partner di MpO.

In Italia, soprattutto dopo il Covid, le operazioni di aggregazione tra studi professionali sono cresciute in modo esponenziale: + 30% nel 2021 rispetto al 2020, +60% nel 2022 rispetto al 2021” ha introdotto Corrado Mandirola di MpO “Sempre più studi si aggregano tra loro, spesso raggiungendo dimensioni importanti. Succede però che il percorso evolutivo di questi gruppi, seppur offrendo una risposta efficace al mercato, mette in primo piano un tema importante: quello della complessità. Strutture più grandi necessitano infatti di competenze manageriale per la gestione delle risorse, delle attività, del business in generale e delle ulteriori opportunità di crescita. Per questo è importante fare un salto culturale e condividere le grandi opportunità che il mondo imprenditoriale può offrire ai professionisti di oggi.

Michel Cohen, fondatore e AD di DentalPro (tra i principali gruppi sanitari privati in Italia), ha testimoniato come il modello misto funzioni efficacemente:

In un mercato molto frammentato, come quello dei dentisti, gli studi che collaborano con noi si dividono in due categorie. La prima è quella dei medici a fine carriera (nei prossimi 5 anni sono 10 mila odontoiatri su 50 mila ad andare in pensione) che si pongono la questione di ‘a chi lasciare lo studio’. La seconda è rappresentata da odontoiatri con una sensibilità imprenditoriale più spiccata che, dopo aver acquisito 3 o 4 studi, avvertono la necessità di un supporto manageriale per la gestione degli aspetti organizzativi e gestionali. Il professionista trova in DentalPro un partner che risolve tutte le questioni che non sono strettamente connesse alla prestazione medica, dedicandosi così esclusivamente ai pazienti, alla diagnosi, ai trattamenti etc… Il tutto massimizzando l’aspetto economico.

Anche Alessia Rigoni, responsabile M&A di F2A (specializzata nella gestione dei processi critici delle imprese, con un focus sulle HR) ha illustrato come sia il mercato oggi a richiedere un forte cambiamento:

Il settore dei consulenti del lavoro vale € 1.2 mld (dati 2021) e conta circa 25 mila professionisti, il 10% dei quali ha un’età superiore a 75 anni. Da ciò ne scaturisce un’importante questione in tema di passaggio generazionale. A ciò si aggiunge la necessità di offrire ai clienti servizi sempre più completi e vasti (HCM, welfare, budget del personale, reskilling del personale, formazione, etc.). Il tutto in un quadro normativo in continuo mutamento e sempre più complesso. La strategia di partnership che noi di F2A abbiamo messo a punto nel corso degli anni è quella di acquisire la maggioranza della società (ma non il 100%) proprio per garantire reciproca collaborazione: noi mettiamo a disposizione tutta la nostra struttura (commerciale, R&D e sviluppo SW, team di consulenti con cui confrontarsi e condividere, amministrazione e contabilità, etc.) per accelerare la crescita e sgravare i consulenti dalle attività non core. Loro le specifiche conoscenze tecniche ed elevate competenze, compresa in molti casi la conoscenza del territorio locale.

A mettere “pepe” sulla questione è stato Marco Natali, delegato di Confprofessioni:

È estremamente diffusa la figura del professionista che ritiene di essere (l’unico) bravo a gestire il proprio studio. Ci confrontiamo però con uno scenario dove le piccole imprese sono sempre meno (perché si aggregano per sopravvivere), mentre aumentano le imprese più grandi che il piccolo studio monoprofessionale non riesce a servire. Ecco perché è necessario strutturare realtà più complesse, multidisciplinari, organizzate. In più, nel mondo professionale oggi digitalizzazione, automazione, intelligenza artificiale, transizione ecologica sono fattori di trasformazione determinanti. Per restare al passo, l’aggregazione è fondamentale, ma ci vogliono anche i capitali. Lo studio deve diventare impresa, come d’altronde è concepito dalla normativa europea che non fa distinzione tra i due.

Sulla questione di quale forma debbano assumere queste realtà – multidisciplinari, organizzate e sostenute da capitali – sono tutti d’accordo nel ritenere che lo strumento ad oggi a disposizione, ovvero le STP, hanno dimostrato l’assoluta inapplicabilità e inadeguatezza. L’unanimità auspica quindi incentivi all’aggregazione e normative, regolamentazioni, agevolazioni fiscali che permettano modelli di business efficienti per competere a livello europeo.

C’è poi il tema della concorrenza delle “Big 4” che, se un tempo si occupavano solo di grandi clienti, in un mercato come quello Italiano, trovano terreno fertile per strutturare un’offerta più “smart” – composta da giovani professionisti e supportata da strumenti AI – che può diventare la soluzione più idonea (e anche con il prezzo migliore) per le nostre PMI, sottraendo quindi tantissimi clienti agli studi italiani.

È Alessandro Siess, founder partner di MpO, a chiudere i lavori:

Quello che sta accadendo in Italia oggi è già successo 15/20 anni in altri Paesi ed è un percorso irreversibile. D’altro canto, è la stessa Comunità Europea che ci invita a un processo di imprenditorializzazione degli studi e a creare alleanze tra impresa e professioni, imponendo di abrogare tutti i divieti connessi. Il timore che i professionisti hanno di perdere quote di mercato o di indebolire il contenuto delle proprie prestazioni – aprendo le porte a strutture manageriali/finanziarie attente solo al profitto – è privo di fondamenti e qui abbiamo due case-history di successo che lo dimostrano. Le testimonianze di oggi hanno tutte confermato come gli studi professionali che vogliono superare la dimensione micro e guardare ad una clientela più ampia possono devono per forza considerare formule di aggregazione e partnership con imprese capaci di realizzare progetti di sviluppo nel pieno rispetto delle reciproche specificità. Forza economica, know-how manageriale, capacità organizzative sono i motori che servono per il futuro del mondo professionale.