Acquisire uno studio professionale – Cosa considerare per facilitare il processo

Acquisire uno studio professionale comporta una serie di dinamiche relazionali e psicologiche delicate. Noi esseri umani siamo esseri emotivi che pensano, non esseri pensanti che provano emozioni, diceva il neurologo António Damásio. E da qui partiamo per questa riflessione in cui l’obiettivo è fornire degli insight concreti per capire come affrontare nel modo più funzionale possibile l’acquisizione di uno studio, da un punto di vista relazionale.

 

Come funziona il nostro cervello nella presa di decisioni?

Le nostre scelte e quelle delle persone con cui ci relazioniamo non sono esclusivamente razionali, nemmeno quelle che pensiamo siano molto ponderate. Daniel Kahnemann, autore di Pensieri lenti e veloci, è uno psicologo israeliano, vincitore del Premio Nobel per l’economia per aver teorizzato l’esistenza di due sistemi di pensiero nella mente umana: il Sistema 1 e il Sistema 2.

Il Sistema 1 è primitivo, inconsapevole e automatico. É sempre acceso, non lo controlliamo, ed è emozionale, intuitivo, impaziente, velocissimo, e impulsivo. Può svolgere più compiti nel medesimo tempo, usa poca energia, dà immediatamente senso a qualsiasi cosa che ci viene proposta, e viene influenzato molto facilmente.

Il Sistema 2 è invece consapevole, razionale e cauto. Non può occuparsi di più processi al medesimo tempo, è lento e non è in grado di controllare davvero il Sistema 1. In una situazione normale, il Sistema 2 – ovvero quello razionale – se opportunamente incentivato, può riuscire prendere il sopravvento sul Sistema 1 – irrazionale; ma se ci sono delle emozioni forti di mezzo o un certo grado di stanchezza, è difficile scavalcare il Sistema 1.

Quindi benché ci percepiamo spesso come esseri razionali, in realtà non lo siamo del tutto. Comprendere i due sistemi di pensiero è il primo passo ma non significa essere poi in grado di controllare il sistema impulsivo perfettamente. É un po’ quello che accade con le illusioni ottiche: sappiamo cosa sono, ma continuano a fregarci. Ciò accade nella nostra mente e in quella della persona con cui ci relazioniamo, comprenderlo ci aiuta a capire le scelte del nostro interlocutore.

 

Quando usiamo il Sistema 2, usiamo molto spesso scorciatoie mentali che sicuramente ci fanno risparmiare tempo ma a volte ci portano anche a conclusioni talvolta errate rispetto alla realtà che abbiamo davanti: i cosiddetti bias cognitivi. Giungiamo a delle conclusioni errate dettate dalla velocità, basate su percezioni deformate, pregiudizi e ideologie e questo però influenza le nostre scelte e il nostro comportamento. Vediamo qui due bias che hanno un ruolo rilevante nella relazione con l’altro in un processo di acquisizione: effetto IKEA e bias della negatività.

 

L’ effetto IKEA nelle aggregazioni professionali

Quando investiamo energia, lavoro e fatica in un’attività poi ne ameremo ancora di più il risultato in quanto ci abbiamo messo del nostro nel processo: questo è l’effetto IKEA. Nelle occasioni in cui compiamo delle azioni tendiamo a voler trovare una coerenza tra quello che abbiamo fatto ieri (comprare una libreria per la nostra stanza) e ciò che facciamo oggi (trascorrere un giorno intero alla ricerca del bullone mancante). Il principio della coerenza è quello che ci stimola una reazione di soddisfazione nell’aver scelto di comprare la libreria da montare. Sarebbe più faticoso dire a noi stessi che abbiamo sbagliato nella scelta dell’acquisto del mobile, abbiamo fatto 30 e facciamo anche 31 con il sorriso.

Collochiamo l’effetto IKEA nella relazione con le persone dello studio acquisito. Per fare in modo che, nonostante la fatica nel processo di aggregazione, le persone remino tutte dalla stessa parte, è importante coinvolgerle concretamente nella sua costruzione. Farle contribuire e lavorare attivamente nel processo faciliterà il loro attaccamento ad esso e quindi anche investimento di energie affinché funzioni.

 

Il bias della negatività nelle aggregazioni professionali

Il bias della negatività è un errore cognitivo che ci porta ricordare e prestare più attenzione agli eventi negativi nella nostra vita rispetto a quelli positivi. Facciamo un esempio legato all’attualità: potresti ricordare esattamente dove eri e cosa stavi facendo quando si è verificato l’attacco dell’11 settembre alle Torri Gemelle, ma potresti non ricordare cosa stavi facendo il giorno prima o quello dopo. Questo è il bias di negatività: ci fa ricordare in modo più vivido eventi negativi. Questo meccanismo, come altri bias, ha una ragione precisa. Da un punto di vista evolutivo infatti ci ha permesso per esempio di ricordare luoghi o momenti pericolosi in modo da non incorrere nella stessa situazione una seconda volta. E questo ci tiene al sicuro, talvolta però può farci sprofondare nel pessimismo. Ecco perché è importante imparare a riconoscerlo e saperlo gestire sopratutto nelle nostre relazioni.

Dato che sia noi che il nostro interlocutore rischiamo di focalizzare la nostra attenzione su piccoli screzi o incomprensioni tra noi e non pesare allo stesso modo tutte le occasioni che invece sono state positive, capite bene che il rischio è quello di incrinare i rapporti per episodi marginali.

Quindi nell’ambito di un processo di aggregazione per coltivare una buona relazione con l’altro, sapendo che entrambi a volte cadrete nel bias della negatività, meglio eccedere quantitativamente con scambi connotati chiaramente da un tono positivo, in modo da bilanciare l’effetto del ricordo del negativo .

 

Gestire i centri di potere nelle aggregazioni professionali

Nel momento in cui si acquisisce un altro studio, vien da sé che è necessaria una riorganizzazione dei ruoli in quanto alcune figure risultano doppie o comunque non più necessarie. Questo ha un impatto sulla prospettiva del singolo professionista rispetto a dove può svilupparsi la sua carriera. Pensate a chi è entrato nello studio acquisito avendo di fronte a sé una potenziale crescita, totalmente infranta dall’operazione di aggregazione. Al di là delle valutazioni razionali, che come abbiamo visto sopra non hanno la meglio sulle emozioni, ciò che è importante gestire è l’eventuale frustrazione delle persone specialmente se le vogliamo a bordo.

Per questo è necessario occuparsi in modo capillare e continuo della definizione dei nuovi ruoli e riferimenti all’interno dell’assetto che si vuole creare. Non basterà dirlo una volta e darlo per assodato, ad ogni occasione in cui le persone tenderanno a operare come hanno sempre fatto prima sarà utile gestire eventuali questioni con i singoli.