La riforma delle professioni: considerazioni del CNDCEC sul D.L. 138/2011

a cura di MPO & Partners M&A

Il D.L. 138 del 13/08/11 (art. 3, c. 5) fermo restando l’esame di Stato per l’accesso alle professioni regolamentate (di cui all’art. 33 Cost.), ha previsto che gli ordinamenti professionali devono garantire, senza eccezioni, il principio di libera concorrenza nell’esercizio dell’attività e che gli stessi dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.

Dopo la conversione del decreto in Legge, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha predisposto, nell’ottobre 2011, un documento per analizzare le disposizioni del citato D.L..
In primo luogo, secondo il CNDCEC, le previsioni sulla libertà di accesso alla professione sono già presenti nell’ordinamento dei dottori commercialisti, mentre l’unica modifica da introdurre sarebbe quella connessa alla presenza di una discriminazione ‘formale’ fondata sulla nazionalità, eliminando il riferimento alla condizione di reciprocità contenuto nell’art. 36 del D.Lgs. 139/2005 (nella realtà disatteso sulla base di un parere del Ministero della Giustizia del 2008).

Proseguendo, con specifico riferimento alle tariffe professionali, il Consiglio rileva che le previsioni contenute nella lettera d), comma 5 dell’art. 3 sono già in parte presenti nell’ordinamento professionale.
In tal senso, già prima dell’emanazione del Decreto Bersani, gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti e dei ragionieri potevano liberamente concordare i compensi con il cliente ai sensi dell’art. 2233 Cod.Civ.; le tariffe professionali costituivano un mero riferimento per la definizione dei compensi, ed essendo contenute in una fonte normativa secondaria potevano sempre essere derogate dall’accordo delle parti (ex art. 2233 Cod.Civ.).
Sarebbe più opportuno, quindi, disciplinare in maniera appropriata l’obbligo di riferimento alle tariffe professionali, stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia, in casi specifici e di particolare interesse, quali la mancata determinazione consensuale del compenso, il caso del committente ente pubblico, la liquidazione giudiziale dei compensi e la prestazione professionale resa nell’interesse dei terzi.

Infine, con riferimento alla libertà di pubblicità informativa, il CNDCEC rileva che il principio è già contenuto nel Codice Deontologico della Professione (art. 44, c.1 e 32) e dal momento che, secondo un orientamento giurisprudenziale, le disposizioni del Codice rivestono natura di norme giuridiche all’interno dell’ordine che le ha approvate, si ritiene necessario recepire il principio direttamente nella legge professionale, in modo da rafforzarne la cogenza.

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